sabato 28 novembre 2009

Le Storie del Bosco di "iabud" - Parte I

UN FULMINE A CIEL SERENO


Nel bosco di iabud coesistevano differenti specie di esseri viventi di bassa statura e dalla presenza bizzarra e sinistra. Ognuna di queste specie nel tempo aveva costruito un proprio ambiente ideale che potesse soddisfare appieno i propri bisogni e usi comuni. Alcuni preferivano vivere rintanati in grotte buie, ma allo stesso tempo fresche e protette; altri sceglievano di costruirsi capanne in cima ad alberi altissimi; altri ancora avevano deciso di costruire case enormi e soprattutto in grande quantità, nonostante fossero in pochi. Nonostante queste profonde differenze nello stile di vita, tutti i personaggi che abitavano il bosco di iabud avevano coltivato rapporti di amicizia e di aiuto reciproco.


Iabud Occidentale

Le giornate correvano felici mentre i Folletti delle campagne occidentali, contenti, intonavano cori di vittoria e soddisfazione dall’alto delle loro capanne. Nel bosco di pini e fiori immacolati costellato dal ciel sereno e dal caldo sole echeggiavano suoni di festa e di gioia, nessuno aveva più paura, “Il peggio è passato” si soleva pensare. Tutto avevo ripreso le sembianze passate, ossia dei periodi in cui le risorse a disposizione erano abbondanti e i movimenti altrettanto.


Iabud Orientale

Nella parte orientale di codesto luco, gli Elfi non sembravano pensarla allo stesso modo; erano ottimisti anche loro (che si sappia!), ciò nonostante non erano del tutto convinti che il peggio fosse passato. Restavano da soli in pace, lavorando sodo per ricostruire ciò che gli era venuto a mancare mesi or sono con la tenacia e la forza che da sempre li contraddistingueva . Tuttavia nella testa di ognuno di essi girovagavano pensieri e riflessioni che li portavano alla prudenza, all’essere misurati nelle azioni da intraprendere e guardinghi dai pericoli che sarebbero potuti provenire dal cielo. Per questo motivo avevano scelto di non esagerare e di limitarsi alle necessità primarie togliendosi solo di rado qualche piccolo sfizio.


Iabud Centrale

Al centro del bosco vivevano gli Spiritelli. Questi personaggi gioivano con orgoglio per i passi da gigante che avevano compiuto negli ultimi anni. Avevano portato a termine grandi costruzioni e attirato gli sguardi incantati e stupiti di gran parte del bosco, sembrava che potessero sfruttare le loro risorse infinite per risollevare le speranze dell’intera comunità di iabud. Su questo facevano grande affidamento i personaggi del bosco.


Dopo un periodo di splendore e benessere si manifestò minacciosamente e senza alcun preavviso il Dio Habad, il quale scagliò un potente fulmine contro il territorio degli Spiritelli, causando la distruzione di numerose abitazioni lussuose e devastando parte delle risorse da costoro possedute. A questo punto agli altri abitanti del bosco ritornarono in mente i pericoli e le minacce del recente passato, destabilizzando, di fatto, la fiducia e l’ottimismo che riversavano nel loro futuro.


To be continued…

mercoledì 25 novembre 2009

COME DISSE DON VITO


Ecco come finirà l'incontro che faranno Marchionni e Scajola riguardo allo stabilimento di Termini Imerese. Non ci sarà la chiusura dello stabilimento (con grossa festa di sindacati per aver “salvato” il posto a X persone), ci sarà una lieve riduzione del personale e qualche incentivo statale (qui la grossa festa con tanto di telecamere del governo, per aver mediato con “successo” una “complicata” trattativa aziendale che rischiava di tramutarsi in un “incredibile” aumento della disoccupazione) e Marchionni e/o il CDA della FIAT avranno un favore gratuito da chiedere allo stato italiano.

Tutti ci guadagnano!
O forse c'è qualcuno che perde?

Forse potrebbe perderci il popolo italiano quando FIAT chiederà questo “piccolo” favore dopo aver mantenuto aperto l'impianti di Termini Imerese?
Forse potrebbero perderci qualcosa le imprese che non hanno uno stabilimento da chiudere e non
possono fare qualche licenziamento extra/avere qualche contributo statale?
Forse potrebbero perderci quelli sorteggiati per il licenziamento?
Forse potrebbero perderci i lavoratori che sono rappresentati da dei sindacati che invece che per
lottare per aumentare i propri diritti e capacità contrattuali, preferiscono combattere per i titoloni dei giornali tipo “SALVATI XXX MILA POSTI DI LAVORO”?

Probabilmente sono allucinazioni di un laureando che non ne può più di scrivere la propria tesi ma, giusto per fantasticare un po', se una persona mi chiedesse “secondo te, cosa dovrebbero fare stato, sindacato e FIAT?”.
La mia risposta sarebbe:

“Per FIAT è semplice: basta che faccia la cosa più conveniente, come ha fatto, continua a fare e farà, FIAT agisce in base a come si muovono le altre parti.
Il sindacato dovrebbe cominciare a lottare più per alcuni diritti dei lavoratori che riequilibrino i poteri tra datore di lavoro e dipendente: per esempio introducendo una flessibilità del lavoro dalla parte del dipendente (in parole povere, se io dipendente trovo un lavoro migliore presso un'altra impresa, qualsiasi tipo di contratto io abbia, tempo 24 ore sono già a lavorare dall'altra impresa se non mi viene rinnovato in un qualche modo il contratto); se FIAT minaccia di chiudere una fabbrica, ti metti d'accordo con tutte le associazioni di consumatori tue amiche e si boicotta le auto FIAT; cominci a fare scioperi ad oltranza in tutte le strutture di FIAT.
Di opzioni i sindacati ne hanno molte, ma preferisco la prima pagina da “eroi”.
Per lo stato è ancora più facile che per FIAT e sindacati: non deve fare niente, sia che FIAT chiuda le fabbriche, sia che i sindacati facciano sciopero ad oltranza (e con niente intendo che neanche la
polizia si deve muovere o accettare le azioni legali da parte dell'impresa contro gli scioperanti)”

A questo punto, quello che mi ha fatto la domanda mi dice “lasciamo perdere” e la storia finisce qui.

mercoledì 18 novembre 2009

Free Market Economy vs. Finite World?

Con grande piacere, un nostro lettore, Catalin Cantia, ci ha inviato un post sul liberismo, in particolare su una domanda che si pone, che abbiamo deciso di pubblicare.

Sono un grande sostenitore del liberalismo, non vedo di buon occhio gli interventi in economia dello Stato.
Dopo anni di studio mi posso ritenere sufficientemente preparato per sostenere la Free Market Economy Thesys, di questo ne vado molto fiero.

Tuttavia immagino che un giorno qualcuno più intelligente di me, mi porrà delle questioni a cui non sarò in grado di rispondere. Ad esempio mi viene in mente la seguente: Il modello di mercato libero è il migliore modo di organizzare l'economia in un mondo "materialmente finito"?

Ho provato a cercare del materiale per rispondere a tale quesito, ciò nonostante non sono riuscito a darmi una risposta soddisfacente. Sinceramente ho paura di questa domanda e vorrei prepararmi per quel giorno.
Per questo motivo, mi piacerebbe sentire qualche mente illuminata che mi possa dare qualche suggerimento per trovare la relativa risposta. Intuitivamente mi viene da pensare che la risposta sia NO, ma a me questo non piace.
Per chiarire il mio pensiero cerco di spiegarmi meglio: dato un mondo materialmente limitato, dove la popolazione è in crescita esponenziale, ci troveremmo di fronte, ovviamente, ad un problema. Sapendo che l'economia di mercato funziona sulla base di una dinamica: la crescita; sapendo inoltre che tale crescita non può essere infinita, poichè ci troviamo in un mondo materialmente limitato, il mio dilemma è il seguente:

"Per risolvere questo problema l'economia di mercato può essere il modo migliore per allocare efficientemente le risorse scarse?"

Vi ringrazio per i vostri commenti.

Catalin Cantia

venerdì 13 novembre 2009

La linea sulla sabbia ... (noiseFromAmerika.org)


... è stata superata con la presentazione al Senato di questo disegno di legge che Axel Bisignano ha commentato oggi sul nostro sito.


Non possiamo non condividere, per una volta, le parole del comunicato emesso ieri dalla Presidenza dell'Associazione Nazionale Magistrati.

La lettura del disegno di legge sul cd. “processo breve”, presentato stamane al Senato, conferma e aggrava le forti perplessità già espresse ieri dall’Anm nell’incontro con la Consulta per la giustizia del Pdl, pur in assenza di testi e di particolari. Oggi sentiamo il dovere di dire che questa riforma avrebbe effetti devastanti sul funzionamento della giustizia penale in Italia.

Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi e quelli relativi ai fatti indicati in un elenco di eccezioni (articolo 2, comma 5 del disegno di legge) che pone forti dubbi di costituzionalità. È impensabile, infatti, che il processo per una truffa di milioni di euro nei confronti dell’imputato incensurato si estingua, mentre debba proseguire il processo per una truffa da pochi euro, commessa da una persona già condannata, magari anni prima, per altro reato.

Saranno invece destinati a inevitabile prescrizione tutti i processi per reati gravi, quali abuso d’ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari, rivelazione di segreti d’ufficio, truffa semplice o aggravata, frodi comunitarie, frodi fiscali, falsi in bilancio, bancarotta preferenziale, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti; traffico di rifiuti, vendita di prodotti in violazione del diritto d’autore, sfruttamento della prostituzione, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio colposo per colpa medica, maltrattamenti in famiglia, incendio, aborto clandestino.

Per tutti questi reati sarà impossibile arrivare a una sentenza di primo grado entro due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio, quindi sarà sempre impossibile accertare i fatti. Più che di una amnistia, si tratta di una sostanziale depenalizzazione di fatti di rilevante e oggettiva gravità. Truffatori di professione, evasori fiscali, ricettatori, corrotti e pubblici amministratori infedeli, che non abbiano già riportato una condanna, avranno la certezza dell’impunità.

Infine la norma transitoria, che estende ai processi in corso l’applicazione delle nuove disposizioni, è destinata a determinare l’immediata estinzione di decine di migliaia di processi, anche per fatti gravi. Per limitarci a qualche esempio, la legge provocherà l’immediata estinzione di gran parte dei reati nei processi per i crac Cirio e Parmalat, per le scalate alle banche Antonveneta e Bnl, per corruzione nel processo Eni-Power.

Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati

Giuseppe Cascini, segretario generale

Roma, 12 novembre 2009

Possiamo commentare con calma l'ennesima dimostrazione della tendenza italica a voler risolvere i problemi ope legis, l'ennesima dimostrazione della faccia di tolla dei personaggi politici che circondano Berlusconi, eccetera. Ma il punto essenziale è un altro.

Preservare quel che in Italia rimane della separazione dei poteri, dello stato di diritto e, soprattutto, di una res publica condivisa da tutti - insomma: preservare le vestigia di uno stato liberal-democratico in cui la stragrande maggioranza dei cittadini si riconosca - richiede che Silvio Berlusconi venga politicamente sconfitto e si ritiri a vita privata. Perseguire questo obiettivo ci sembra, oggi, il primo dovere di ogni persona amante della libertà e della liberal-democrazia.

Dopodiché si potrà ricominciare a discutere di tasse, spesa pubblica, riforma del sistema giudiziario, e quant'altro. Silvio Berlusconi, i suoi interessi privati ed i suoi malaffari, sono un veleno che sta oramai attaccando i gangli vitali dello stato di diritto e della convivenza civile in Italia. Fermarlo è la precondizione di qualsiasi riforma ed occorre farlo prima che sia troppo tardi.

Ci appelliamo anche agli elettori del PdL, e chiediamo: se non ora, quando? Dove avete tracciato la linea sulla sabbia? Come è fatta la goccia che fa traboccare il vaso? Cosa, cosa concretamente, sarebbe troppo, a vostro avviso? Quale crimine contro i diritti di proprietà personale (perché di QUESTO si tratta) sorpassa la soglia del "troppo" per voi?



Si ringraziano i redattori di noiseFromAmerika.org © per la gentile disponibilità.

martedì 10 novembre 2009

The Scapegoat



Il risultato di un anno di studio della crisi economica, dopo averne osservata l'evoluzione si è arrivati alla conclusione che: il colpevole della crisi, il Charlie Brown della situazione ovvero il management delle banche (e anche i quantitativi, ma per ora fermiamoci qui); l'ha detto Lucy. E come nella vignetta pubblicata sopra, una volta individuato il colpevole non si risolve niente, ma tutti ci sentiamo meglio.
Le strisce successive continuano con Sally che cerca di andare a scuola e alla fine ci riesce, convincendosi che tutti dovrebbero andarci e chi non vuole è uno stupido (finale atteso per il 2010).

In questo periodo si è poi sviluppata un'altra vignetta non disegnata da Schultz ed è la punizione che da Lucy a Charlie Brown, probabilmente un pugno dritto sul naso, poiché responsabile per la crisi scatenata e sistema per evitare in futuro una crisi del genere: mi sto riferendo alle varie proposte che girano per colpire i crudeli manager, come il tetto massimo di remunerazione o la reversibilità dello stipendio del management (proposta già più interessante che necessita un maggiore approfondimento a breve).
Si sono comunque ignorate alcune domande basilari che, a mio avviso, ciascuno di noi avrebbe dovuto porsi:

  1. Chi è Lucy?
  2. Lucy possiede le competenze necessarie per trovare il problema?
  3. È sufficiente identificare un colpevole per risolvere il problema?
  4. Lucy può avere qualche responsabilità nelle crisi di Sally? E se sì riesce a identificarle?
  5. La punizione che riceve Charlie Brown eviterà future crisi a Sally?

Naturalmente ci sono molte altre domande che ci si possono porre, ma queste 5 credo siano basilari per tirare effettivamente le somme su quello che è successo nell'ultimo anno.

Dite la vostra.

sabato 7 novembre 2009

Gli Arcana Mundi dell'Ocse (Phastidio.net)

Altro aggiornamento del superindice Ocse, altro tripudio di pacche sulle spalle ed autocongratulazioni. Siamo fatti così, insuperabili nel dar corpo alle ombre, nel bene e nel male. Dunque, vediamo il dato di settembre: “gli indicatori mostrano chiaramente una crescita in Italia, Francia, Regno Unito e Cina, mentre in Canada e Germania si vedono dei segni di espansione potenziale”. Bene, c’è in atto una ripresa, lo sapevamo da tempo. Quello che molti nostri politici non riescono a cogliere è che un leading indicator esprime una previsione di quello che potrebbe accadere tra sei-nove mesi. Non è assolutamente detto che la previsione si realizzi, ed anzi alcune recenti ricerche segnalano che il grado di correlazione del CLI (Composite Leading Indicator) dell’Ocse con la crescita effettivamente conseguita nei due-tre trimestri successivi si è ridotto, nell’era della globalizzazione.

Ma c’è dell’altro, ed è un caveat metodologico piuttosto serio. Scrive l’Ocse:

«Sebbene i segni di espansione siano evidenti in diversi Paesi, devono essere interpretati con cautela. In effetti il miglioramento atteso dell’attività economica, in rapporto al suo livello potenziale di lungo termine, può essere parzialmente attribuito a un decremento di questo stesso livello potenziale di lungo termine stimato e non soltanto al miglioramento dell’attività economica in sé»

Che tradotto vuol dire: attenzione, perché queste variazioni così vistose del CLI possono derivare dal fatto che ci troviamo in un “nuovo mondo”, dove il potenziale di crescita di lungo periodo si è abbassato. Che, detto in altri termini, suggerisce che ad un boom del CLI può corrispondere, dopo due-tre trimestri, una variazione del Pil piuttosto esigua, e come tale insufficiente a riassorbire la disoccupazione.

Le reazioni politiche di maggioranza al dato sono comprensibili: siamo in una congiuntura mai sperimentata prima, in cui le categorizzazioni a cui eravamo abituati sono venute meno, e dove le correlazioni tra fenomeni si sono in generale indebolite. Si pensi al concetto di benchmark, l’indice di riferimento, nei fondi comuni di investimento. Se in un anno l’indice di borsa perde il 20 per cento ed il mio fondo comune, che su quella borsa investe, perde “solo” il 10 per cento, il gestore verrà a dirmi che “ha battuto il benchmark”, e nella sua ottica è un grande risultato, quasi sempre sufficiente a fargli intascare un robusto bonus. Il risparmiatore viene convinto che, “date le condizioni dei mercati”, possiede un fondo di eccellenza. E’ forse è anche vero ma, come dicono i cinici, “tu non mangi la performance relativa”. Sei comunque più povero che a inizio anno.

A questo concetto corrisponde, nella comunicazione politica di oggi, la nozione di “posti di lavoro salvati”, che appare surreale al senso comune ma serve per rivendicare la giustezza del proprio operato, e che è stata adottata un po’ ovunque, dall’America di Obama alla Francia di Sarkozy. L’obiettivo, dopo un trattamento intensivo fatto di messaggi come questi, è quello di avere un elettorato “confuso e felice”, cioè meno incline al pessimismo, almeno fin quando non viene direttamente colpito da eventi traumatici quali la disoccupazione.

Appuntamento al dato di Pil del primo trimestre 2010, cioè quello maggiormente correlato con la variazione del superindice Ocse di settembre 2009, pubblicata oggi. Ma non trattenete il respiro: sarà una notizia priva di rilievo, un po’ come le smentite date in due righe nelle pagine interne. Difficile che qualcuno dei nostri pensosi editorialisti torni sulla correlazione tra CLI e Pil. E certamente per quell’epoca avremo altri temi su cui dibattere.

Ah, e per quanti preferiscono tenere i piedi per terra, ed al futuribile dei leading indicators preferiscono gli indicatori coincidenti, basati su hard data, ecco il mercato del lavoro americano di ottobre. E non ha per nulla una bella faccia. Ma che c’importa, tanto noi abbiamo “agganciato la ripresa”, come direbbe qualche zelante portavoce.

Fonte: phastidio.net ®

Si ringrazia Mario Seminerio per la gentile cortesia e disponibilità.

mercoledì 4 novembre 2009

Are we talking about stability? Or what?

La notizia è di pochi giorni fa, la Federal Reserve ha convocato i CEO delle 28 più importanti istituzioni finanziarie americane. Lo scopo del meeting consiste nell’educare (o meglio rieducare) i Board of Directors di tali società affinchè non si commettano nuovamente gli errori compiuti in passato che, probabilmente, hanno contribuito a creare la crisi finanziaria minacciando la stabilità dei mercati finanziari internazionali.


L’idea di fondo consiste nell’esaminare gli incentivi originati dai sistemi premianti interni alle banche e successivamente di captarne le eventuali minacce alla stabilità finanziaria di quest’ultime. Secondo la FED gli eventuali errori strutturali dei piani di incentivazione sarebbero la causa principale nel processo di formazione delle politiche strategiche e finanziarie. Tali politiche, infatti, sarebbero volte all’assunzione di rischi spropositati, potenzialmente lesivi della stabilità dei mercati finanziari, di conseguenze non sono viste in positivo da parte dell’Autorità competente.


L’iniziativa proposta dalla Banca Centrale degli Stati Uniti, tuttavia, non sembra essere particolarmente efficace; essa infatti non è adeguatamente accompagnata da una politica di “rieducazione” indirizzata a garantire maggiore stabilità finanziaria (per intendersi si fa riferimento alla stabilità e alla detenzione del capitale interno alle banche).Per questa ragione la proposta avanzata è da considerare sotto due diversi punti di vista:

  1. Bella idea: sono necessari interventi concreti di dissuasione alla creazione di incentivi distorsivi della sana e prudente gestione bancaria. Questa misura sarebbe indirizzata a ridurre la frequenza e l’intensità dei rischi assunti dalle banche.
  2. E’ necessario ben altro: oltre a tale intervento è necessario [ri]educare le banche ad adottare politiche di detenzione del capitale più stringenti in modo da garantire una rigorosa coerenza con i principi espressi da Basilea II, inoltre è doveroso ricordare i potenziali danni che la leva finanziaria elevata potrebbe provocare alla solidità finanziaria delle società.

Il reale intento di tale proposta è di difficile valutazione per gli agenti di mercato, in particolare è arduo capire cosa si vuole regolare affinché non si ripetano situazioni di instabilità nelle banche. Il timore risiede, quindi, nella possibilità di ritrovarsi di fronte ad un’altra riforma a sfondo populista e propagandista.


Fonte notizia di sfondo: bloomberg.com

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