martedì 29 settembre 2009

Il Bel Paese vs La Terra dei Cachi

In questo blog non ci schieriamo nè per una parte politica, nè tanto meno per un partito politico, tuttavia in questo caso ci sembra giusto esprimere la nostra modesta opinione sulle vicende degli ultimi mesi (e anni) in Italia. Non lo facciamo sostenendo una tesi, ma ponendoci dei quesiti sui cambiamenti ideologici e strutturali della nostra nazione e soprattutto sulle idee che all'estero si fanno di noi.

- Come è cambiata l'Italia da quando Berlusconi è un personaggio pubblico?

- Come avrebbe reagito l'Italia della prima repubblica ai fatti di Villa Certosa & Co.?

- All'estero cosa pensavano di noi vent'anni fa?

- Attualmetne all'estero cosa pensano di noi?

- Con quale credenziale può restare in Italia un ricercatore o un professore o un qualsiasi artista italiano?

- In Italia esiste la vera libertà di informazione?


Dite la vostra.

martedì 22 settembre 2009

Giustizia Sociale

Tra i commenti di un post precedente in cui sostenevo il fallimento di qualsiasi impresa/banca grande/piccola che sia, tra i motivi secondo cui ritenevo giusto il fallimento ho accennato alla giustizia sociale, ora in questo post voglio procedere ad illustrare questo punto e vorrei farlo tramite un piccolo viaggio in un mondo parallelo Alfa.
Nel mondo Alfa esistono 3 grossi paesi: NB, L e S.
NB scambia le risorse necessarie alla sopravvivenza del paese con gli altri due stati in cambio della forza lavoro. In NB le persone vengono formate in base alle proprie ambizioni, capacità, talenti... Una volta raggiunta la maggiore età devono scegliere in quale dei 2 paesi andare, poiché ciascuno dei 2 paesi ha le proprie regole, opportunità e rischi.
L è un paese fortemente orientato al mercato, competitivo, adatto a chi possiede capacità e vuole mettersi a confronto con altri, non esistono propriamente delle regole da rispettare, ciascuno è padrone della propria vita e in base alle proprie scelte lavorative si assume determinati rischi (se e per chi lavorare, scelte d'investimento,...). Il reddito medio e la mediana sono nettamente superiori al reddito medio di S; quindi L è il paese più ricco. Essendo un sistema molto competitivo non si ammettono errori e l'errore si ripercuote in particolare su chi l'ha commesso ed eventualmente sulle persone a lui collegate.
Il paese S è totalmente centralizzato, ogni persona viene assegnata alla propria mansione in base alle proprie capacità tramite un sistema perfettamente meritocratico, ma ciascuno prende esattamente la stessa quantità di reddito, fissato facendo la divisione fra ricchezza prodotta e numero di abitanti. Altra caratteristica del sistema S è che un errore viene condiviso in egual misura da tutti.
Quando una persona sceglie in che stato andare è conscio di ciò che può succedere, sa che in L è più probabile che abbia uno stile di vita elevato, ma si rischia di perdere tutto, in S lo stile di vita è standard e successi ed insuccessi vengono condivisi. Inoltre il soggetto è conscio delle sue capacità. In base a questi elementi e la sua propensione al rischio sceglie in che paese andare ad abitare.
Tuttavia se lo stato L intervenisse nella risoluzione di una crisi, anche se necessario alla sopravvivenza dello stato, modificherebbe le regole secondo cui ogni soggetto ha deciso la strada da intraprendere: chi prende un reddito basso in L, dovendo pagare anche i costi della crisi, che teoricamente non dovrebbe pagare, avrebbe preferito un sistema S, chi invece in S possedeva capacità più elevate che gli consentivano maggiori utili, vedendo il rischio abbassato dall'intervento di salvataggio dello stato, avrebbe preferito assumersi il rischio. Inoltre bisogna anche considerare tutte le persone che hanno subito in toto l'errore commesso, poiché non producevano una quantità tale da mettere in crisi l'economia di L.

Con questo breve viaggio penso di aver espresso abbastanza bene il mio concetto di giustizia sociale e il motivo per cui, di principio, se si adotta una politica liberista è giusto seguirla fino in fondo aldilà di dove porti, soprattutto se gli stati hanno incentivato questa politica: significa che la maggioranza dei cittadini ha scelto di assumersi questo rischio. Questo naturalmente è un punto di vista estremo ed idealista, d'altronde anche la giustizia è idealistica.
A voi la parola.

Matteo Tortella

mercoledì 16 settembre 2009

La chiamano Mano Invisibile...

A distanza di un anno dall’apogeo della crisi finanziaria globale, le economie moderne sembrano essere uscite meglio di quanto ci si aspettasse. Le società bancarie e finanziarie dopo i risultati negativi del 2008 hanno iniziato il 2009 con dei buoni risultati nelle trimestrali, il mercato del credito è ripartito, seppure con delle ovvie difficoltà, i Pil dei Paesi avanzati sono risultati al di sopra delle stime e il settore industriale sembra ritornare sui livelli di produzione passati.

Tuttavia, chi ha vissuto da vicino i momenti critici dell’estate del 2008 capisce quali siano stati i pericoli innescati dal circolo vizioso mortgage-subprime-securization; alcuni, addirittura, si sono spinti ad accostare gli effetti negativi della crisi con quelli relativi al periodo della grande depressione degli anni 30. A torto o a ragione, il punto fondamentale concerne l’entità della potenziale catastrofe finanziaria del 2007-2008, sembra quasi che essa ci abbia semplicemente minacciato, toccato, spintonato, ma non abbattuto o annientato come si temeva. Esattamente un anno fa, il fallimento di Lehman Brothers successivo ad altri di grande importanza, aveva messo in allerta tutto il sistema finanziario internazionale, i più grandi organi nazionali e sovranazionali (comitati anticrisi, G-20, Financial Stability Forum, etc.) in preda al panico avevano scelto di intervenire con forza e rapidità nei mercati di riferimento, destando qualche perplessità sull’efficacia e sulla solidità di un sistema economico basato sul libero mercato.

Ora, ragionando con lucidità, appare chiaro quali sono stati i veri fattori che hanno contribuito a diffondere gli effetti negativi della crisi nel mercato finanziario e in un secondo momento nell’economia reale. Se da un lato ci sono state delle cause di natura esogena, vedi la scarsa ed esile fiducia degli investitori favorita dal forte potere sulle masse dei media (vedi articoli del tipo “Banche, in dieci mesi bruciati 568 miliardi di capitalizzazione” che sostanzialmente provocano panico; la stessa parola bruciare favorisce la paura e aumenta la sfiducia nei mercati, ritardandone la ripresa), dall’altro lato ci sono indubbie responsabilità di chi effettivamente opera sui mercati finanziari, vedi finanza strutturata, scellerata gestione dei credit derivatives e dei meccanismi di credit enhancement. Proprio su quest’ultimo fattore è necessario riflettere attentamente, in definitiva la cattiva gestione aziendale (probabilmente orientata al profitto nel breve periodo) non solo ha provocato forti perdite tra gli investitori e gli stakeholders in generale, ma ha anche “obbligato” lo Stato ad intervenire pesantemente; da qui, infatti, nascono le più importanti critiche al liberismo dell’economia moderna.

Probabilmente chi critica avrebbe anche ragione, ma non ricorda che il liberismo moderno (per intendersi gli anni di Thachter-UK e Reagan-USA - le manovre di politica economica in quegli anni furono tante e orientate ad ottenere una minore presenza dello stato nel controllo dell’economia al fine di rendere il mercato maggiormente dinamico) non prevede la totale assenza dello Stato nell’economia, non avrebbe un senso logico. Il liberismo, infatti, prevede che ci siano delle regole e degli interventi atti a garantire la libertà di iniziativa nei mercati, senza ledere gli interessi e i diritti del popolo di un Paese o di un’area di riferimento, affinché si possa realizzare la massimizzazione del profitto. Nel caso specifico gli interventi dello Stato sono stati inevitabili e ponderati (sulla base della situazione di pericolo di ogni singola società coinvolta), altrimenti sarebbe risultato debole agli occhi del mercato, proprio perché non avrebbe adempiuto alle sue funzioni.

In fin dei conti è giusto che sia stato così, ma ciò non vuol dire che il liberismo ha fallito in toto, in realtà è bene evidenziare come ancora una volta il libero mercato sia stato guidato dalla famosa mano invisibile, che in un certo senso ha penalizzato le società destinatarie degli aiuti governativi (vedi AIG, Citigroup, etc.) e premiato quelle che si sono distinte positivamente (vedi JP Morgan Chase e Wells Fargo, etc.). Ergo il liberismo contemporaneo (Einaudi sosteneva che "il liberismo muta nel tempo, non è statico") ha funzionato, probabilmente non appieno, ma a distanza di un anno non stiamo messi poi così male.

venerdì 11 settembre 2009

The Road 2 Serfdom

The Road to Serfdom non è esclusivamente un libro (un fantastico libro!) scritto da Friedrich Von Hayek nel 1944, è anche una pietra miliare per l'economia moderna e per i principi che hanno fondato il liberismo a livello internazionale. Il valore, la forza e la consistenza delle parole scritte dall'autore hanno dato vita ad un movimento ideal-economico che, nonostante le titubanze iniziali, è stato il perno della politica mondiale dei paesi avanzati. In questi giorni, successivi alla crisi finanziaria internazionale, non è facile sostenere ancora la tesi che il liberismo sia effettivamente una soluzione efficace ai problemi dell'economia, tuttavia qui proveremo, senza troppo sforzo e con tanta modestia, a commentare le notizie economiche e di attualità con un piglio liberista.

Federico Bernardi


Avviso a tutti i visitatoriPer facilitare lo scambio di opinioni il mio collega ed io abbiamo deciso di stilare una serie di "regole"; regole virgolettate perché non obblighiamo nessuno a seguirle, ma sarebbe molto gradito che ciascuno le rispetti, d'altronde noi siamo per la "self-regulation".è nostra intenzione lasciare intatto qualsiasi contributo lasciato da chi ci segue, ma ci riserviamo il diritto di eliminare qualsiasi post qualora risulti inappropriato.
Le "regole" che ci piacerebbe che seguireste sono le seguenti:

1) Preghiamo le persone di identificarsi con un nome, che sia vero, le iniziali o uno pseudonimo, possibilmente evitando le omonimie, in modo da agevolare il dialogo
2) Evitare insulti diretti e personali, non siamo nè a porta a porta nè in un qualsiasi programma televisivo.

E' possibile che in futuro, a seguito di inconvenienti, venga allungata la lista.Infine invitiamo chi ci segue a inviare idee per post o commenti alla nostra posta: roadserfdom@gmail.com
Un saluto a tutti

Matteo Tortella
Licenza Creative Commons
the road 2 serfdom by theroad2serfdom.blogspot.com is licensed under a Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.5 Italy License.