mercoledì 23 dicembre 2009

Payback time: ovvero ora vi tocca ricambiare il favore

L'incontro c'è stato, coperto dal clima natalizio e dall'ombra del Duomo di Milano ma è avvenuto.
Marchionne ha presentato davanti a governo e sindacati il piano industriale di Fiat per i prossimi anni, fino al 2014.

Essendo la seconda puntata di "Come disse Don Vito" non mi occuperò del piano industriale, bensì sarà una piccola interpretazione personale della faccenda Termini Imerese.

Marchionne ha dichiarato:«Lo stabilimento è in perdita, non possiamo più permettercelo»

Traduzione: Questa stabilimento è una patacca da un po' di anni che comunque abbiamo tenuto aperto grazie ai contributi che ci avete versato; peccato che ora i contributi, dato lo shopping dell'ultimo periodo, non potete più darceli, quindi non ho più intenzione di farvi questo favore.

In più Marchionne è disposto a discutere «proposte di riconversione con la Regione Sicilia e i privati»

Traduzione: Ora che il favore ve l'ho fatto, dovete ricambiare in modo che scaricando questo stabilimento ci possa guadagnare abbastanza, altrimenti, fra 2 anni, dovrete affrontare la patata bollente degli XXmila disoccupati.

Pronta la replica di Scajola, questa personalmente la ritengo da oscar:

«Dobbiamo tutti prendere impegni per Termini Imerese. Marchionne è disposto a collaborare. Abbiamo tempo di mettere insieme le risorse che la Regione Sicilia ha già dichiarato e quelle che il governo può dare per uno sviluppo diverso. Va organizzato subito un tavolo con Fiat, Regione e sindacati per definire il futuro industriale del sito e tutelare l'occupazione»

Traduzione: Mi metto subito in contatto con Giulio, gli amici della regione Sicilia per vedere quanti soldi abbiamo così che possiamo stendere un piano in cui voi ci guadagnate abbastanza e che faccia abbastanza pubblicità al sindacato.

Avanti il prossimo padrino.

E se fosse così?

Siamo abituati a vedere il mondo da un'altra angolazione, perchè non cambiamo punto di vista ogni tanto? Riflettiamo!

martedì 22 dicembre 2009

Dichiarazioni che (non) lasciano il segno.

«Purtroppo ancora non si vede in tal senso un clima propizio nella nostra vita pubblica, una consapevolezza comune a maggioranza ed opposizione in Parlamento che dovrebbe abbracciare egualmente l'aspetto del funzionamento e della riforma delle istituzioni»

- Giorgio Napolitano - 21 dicembe 2009

Sono le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica durante il discorso di augurio per le feste natalizie.

Da comune cittadino votante mi chiedo:“Quale sarà mai il giusto clima per realizzare le riforme di cui l’Italia avrebbe tanto bisogno?”. Sinceramente non sono riuscito ad individuarne neanche uno, nonostante sia stato a lungo a riflettere. Forse il PdR intendeva dire che bisogna lavorare per l’Italia e non per se stessi, forse voleva far capire ai due poli che è venuto il momento di lavorare seriamente e insieme, forse le sue parole velatamente volevano redarguire coloro che optano per la carriera da politico semplicemente per scaldare il posto in parlamento e parlare a microfoni accesi davanti agli impassibili spettatori privi di coscienza critica.

Si potrebbe restare a lungo a parafrasare le succitate parole, tuttavia resta il dubbio su quale sia il clima idoneo per garantire alla nostra nazione una serie di riforme atte a risollevarlo dalla crisi (non quella internazionale intendiamoci, ma la nostra, che è in atto da qualche lustro ormai). Se è vero che in Italia non si fanno riforme serie per via di questo fantomatico clima non propizio, allora sarebbe opportuno che deputati e senatori di posizioni avverse si rendano conto di cosa stanno (s)combinando e cerchino, senza giochetti populisti, di collaborare insieme per ricostruire ciò che loro stessi hanno distrutto in questi anni.


Una soluzione a questo problema potrebbe consistere nel mandare a casa coloro che hanno una certa età, ad esempio gli over 65, sostituendoli con politici che abbiano a cuore il futuro della nazione, in questo senso sarebbe opportuno eleggere dei giovani (magari under 35), che avrebbero sicuramente maggiori stimoli a creare riforme condivise tra poli opposti, proprio perché hanno in mano loro stessi il futuro della nazione.

Infine aggiungo una provocazione. Ricordando Giorgio Gaber “Destra - Sinistra”, mi pongo un interrogativo : “Cos’è la destra? Cos’è la sinistra?”; esistono ancora delle differenze tra destra e sinistra? Ma soprattutto quali sono gli ideali attuali? Sono così differenti tra fazioni opposte? A me pare che la divisione destra – sinistra sia semplicemente un intoppo nel creare quel clima auspicato dal PdR [1]. E’ noto che in fin dei conti agli italiani, siano essi di destra o di sinistra, interessa esclusivamente il bene dell’Italia, vale a dire un’economia sana e in crescita costante, un sistema burocratico leggero e veloce, trasparenza nei servizi di ogni tipo, giustizia veloce ed efficace, la competizione nei mercati (si ha tanto bisogno di questo, pensate solo alle Ferrovie dello Stato), un valido sistema pensionistico, occupazione, etc.


Se siamo tutti d’accordo su questo punto, la divisione politica è sostanzialmente inutile, non fa altro che frenare la struttura, già complessa, di costruzione delle riforme. In questo senso, quindi, una volta concluse le elezioni, i politici dovrebbero, per amor di patria, collaborare insieme per costruire le riforme idonee a garantire il ritorno di un’Italia forte, evitando di opporsi indistintamente ad ogni proposta di legge emessa dalla fazione opposta.


[1] E’ ovvio che ci deve sempre essere un’opposizione e una maggioranza; il diritto di opposizione e di espressione in politica è fondamentale affinché non si creino situazioni di regime dittatoriale.

Il treno delle riforme partirà con un ritardo di....

Come nella nostra consueta tradizione noi siamo i migliori: dai mondiali di calcio alla ripresa economica, anche nella gestione delle ferrovie siamo i migliori.

Nessuna chiusura di tratti, a differenza di altri stati, ma solo ritardi, come tutti gli altri stati; quindi visto che siamo i migliori, niente rimborsi, ma piuttosto portarsi lenzuole e panini.

Ecco che giungono puntuali alcune dichiarazioni dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Moretti; io penso che è il momento buono di cambiare compagnia, poi mi accorgo che sono in Italia e che non ci sono altre compagnie nella gestione dei treni.
Facile parlare da monopolista...

Dunque rifletto e mi dico:"Se devo arrivare chissà quando, portandomi dietro coperte e panini e non avere diritto al rimborso del biglietto, preferisco prendere su la mia macchina, perlomeno il riscaldamento funziona e sto comodo con le gambe (sì sono alto 1,90 m e i posti per le gambe nei treni sono un po' strettini)".

Comunque grazie, l'importante è essere sempre i migliori, i diritti dei consumatori non sono importanti...

PS: Se sulla gestione dei treni e delle tratte ci fosse un po' di libero mercato magari...

martedì 15 dicembre 2009

Paul Samuelson

Domenica 13 Dicembre 2009 - E' scomparso Paul Samuelson, noto economista Statunitense laureatosi Premio Nobel nel 1970. I suoi lavori, corredati da ricerche, analisi e contributi scientifici di altissimo livello, hanno favorito lo sviluppo della teoria economica, in particolare hanno posto le basi per la creazione di nuovi sistemi di ricerca basati sulla costruzione di modelli economici. [1]
Durante gli anni di ricerca e studio ha tentato di mediare tra le posizioni di stampo Keynesiano e quelle derivanti dalla Scuola Austriaca [2], ciò a dimostrazione dell'equilibrio con cui sviluppava teorie e analisi (nonostante prevalesse maggiormente l'ideologia non liberista).
Il suo lavoro principale, anzi, il più conosciuto è certamente "Economics: An Introductory Analysis" [3], grazie ad esso dal 1948 ad oggi la quasi totalità degli studenti di Economia del mondo studia l'essenza della Scienza Economica.
Negli ultimi due giorni sono state numerose le manifestazioni di dispiacere e di encomiato da parte del mondo dell'Economia, dei Blogger e della Politica internazionale. Qui, però, ci piace ricordare maggiormente come era visto e apprezzato durante la sua vita, in particolare è molto significativo rimembrare la seguente frase pronunciata dalla Swedish Royal Academy a seguito dell'assegnazione del Premio Nobel:


"(He - ndr) has done more than any other contemporary economist to raise the level of scientific analysis in economic theory [4]

Queste parole rappresentano realmente chi era Paul Samuelson.


lunedì 14 dicembre 2009

Cose da Pazzi

“Al peggio non c’è mai fine


E’ un antico proverbio italiano che descrive con grande efficacia ciò che sciaguratamente è accaduto ieri sera in quel di Milano (Piazza Duomo).

Il fatto accaduto a Milano vede coinvolti un certo Massimo Tartaglia e il presidente del consiglio italiano BS. Il primo aggredisce il secondo con un statuetta (raffigurante il Duomo Milanese) ferendolo sul volto. Il resto è ormai cosa nota.

Non sappiamo quali siano le reali motivazioni che hanno spinto l’aggressore a commettere quel folle gesto e non è nel nostro interesse saperle. Ciò che ci interessa maggiormente è il post-aggressione, ossia tutto ciò che concerne dichiarazioni, “riflessioni”, accuse e inneggiamenti vari derivanti dall’aggressione.

In un paese normale a seguito di un episodio del genere il sentimento prevalente dovrebbe essere di sgomento, tuttavia ciò non è accaduto. Dal momento in cui è stato aggredito BS sono state diverse le manifestazioni di approvazione. Non è necessario elencarle tutte, è sufficiente pensare ad alcune dichiarazioni e all’apertura di pagine e gruppi dedicati a MT su vari social network. Ovviamente tali manifestazioni provengono principalmente da ambienti di sinistra, o comunque di opposizione. Il personaggio politico aggredito è sicuramente controverso, non simpatico a molti, con un passato che porta alla luce più lati oscuri che chiari, con una carriera politica di dubbia efficacia per le sorti della nazione. Ma il punto non è questo. Come sapete, nel nostro blog abbiamo criticato spesso alcune delle scelte di politica adoperate da BS, tuttavia non possiamo che dissociarci da tale scempio. Ci dissociamo per una serie di motivi che non vale la pena elencare, non fosse altro che per la loro ripetitività. Ciò nonostante c’è un motivo che ci ha spinto a scrivere queste righe.

Chi approva il gesto, chi dichiara di essere felice per lo stesso, chi inneggia a Tartaglia non fa altro che favorire BS nella “battaglia” politica per il consenso popolare.

BS ha costantemente cercato il consenso popolare, dapprima con le tv, poi ha aggiunto vari media, successivamente ha intrapreso una campagna di vittimismo che lo ha condotto ad essere eletto con un’alta percentuale di voti. In questa legislatura, ha inoltre intensificato le dichiarazioni e i comportamenti da vittima sacrificale, inoltre, non va dimenticato, essendo il protagonista del remake più importante di sempre, il Peronismo all’italiana, sa gestire le platee e le piazze come nessuno sa fare in Italia.

Per questo motivo, la giusta risposta al folle gesto di ieri è l'assoluta disapprovazione, accompagnata da una campagna politica orientata a sostenere idee, ragionamenti seri e proposte fattibili. Tutto il resto è soltanto aria fritta che giova a BS e non fa altro che peggiorare la situazione.

giovedì 10 dicembre 2009

That's The Way It Is

A distanza di alcuni mesi dall’acquisizione di Chrysler da parte di FIAT, Sergio Marchionne, uno dei più bravi CEO a livello internazionale, propone al congresso degli USA il piano di risanamento della società automobilistica USA.

Iniziano quindi le prime mosse per costruire una forte alleanza tra le due società, il piano comprende la ristrutturazione del colosso americano, in modo tale da evitare la chiusura dei più importanti impianti di produzione presenti negli USA e aumentare le quote di mercato possedute dalla società di Torino.

Tutto normale, tutto giusto, il discorso che il CEO italiano porta avanti non fa una grinza, tuttavia la strategia è ormai nota, non fosse altro che per la sua semplicità.

“Salveremo posti di lavoro a Detroit” – S. Marchionne disse a inizio anno.

Oggi dinanzi al Congresso ribadisce quanto esplicato a inizio anno con tanto di piano e programma di risanamento. L’unione di queste frasi ad effetto unite ad una grande potenza tenuta da chi solitamente ha il coltello dalla parte del manico, rendono FIAT capace, nel giro di qualche mese, di convincere il Governo Obama ad elargire grosse quantità di denaro sottoforma di incentivi nudi e crudi.

Se la strategia di persuasione ha funzionato in Italia e funziona anche in USA, allora la strada per il risanamento di Chrysler non può che essere in discesa. Easy!

martedì 8 dicembre 2009

La facoltà di giurisprudenza non serve più

Questo articolo è una reazione istintiva a quello che ho visto stasera (mentre sto scrivendo sono le 1.30 di notte, dopo un lunedì di riposo), è un collegamento automatico che ha fatto il mio cervello, dopo aver visto Frost/Nixon su DVD e, una volta finito il film, facendo un po' di zapping in televisione, e vedendo il senatore Dell'Utri ospite a Porta a Porta, con un titolone a caratteri cubitali del tipo "Il nostro governo, il migliore contro la mafia".

Non so cosa il senatore italiano abbia detto, ho preferito evitare il suicidio mentale, ma dubito fortemente che si sia evitato l'argomento.

Certo il paragone è un po' forzato: Nixon ha fatto l'intervista (nel film) per riottenere un po' di dignità, mentre chi attualmente si difende in televisione è alla ricerca del consenso popolare, citando Fini, scambiando il consenso popolare per immunità.

Ecco che quindi le facoltà di giurisprudenza sono inutili, quando ormai il consenso popolare risolve tutto.

Sarei quasi per dare l'amnistia a questi soggetti che girovagano nella politica italiana, in modo che abbiano il loro processo in televisione, davanti le telecamere, così se vengono condannati, non ce li ritroviamo più fra i piedi.
Anche se dubito che abbiano la dignità di affermare le proprie malefatte se messi all'angolo...

sabato 28 novembre 2009

Le Storie del Bosco di "iabud" - Parte I

UN FULMINE A CIEL SERENO


Nel bosco di iabud coesistevano differenti specie di esseri viventi di bassa statura e dalla presenza bizzarra e sinistra. Ognuna di queste specie nel tempo aveva costruito un proprio ambiente ideale che potesse soddisfare appieno i propri bisogni e usi comuni. Alcuni preferivano vivere rintanati in grotte buie, ma allo stesso tempo fresche e protette; altri sceglievano di costruirsi capanne in cima ad alberi altissimi; altri ancora avevano deciso di costruire case enormi e soprattutto in grande quantità, nonostante fossero in pochi. Nonostante queste profonde differenze nello stile di vita, tutti i personaggi che abitavano il bosco di iabud avevano coltivato rapporti di amicizia e di aiuto reciproco.


Iabud Occidentale

Le giornate correvano felici mentre i Folletti delle campagne occidentali, contenti, intonavano cori di vittoria e soddisfazione dall’alto delle loro capanne. Nel bosco di pini e fiori immacolati costellato dal ciel sereno e dal caldo sole echeggiavano suoni di festa e di gioia, nessuno aveva più paura, “Il peggio è passato” si soleva pensare. Tutto avevo ripreso le sembianze passate, ossia dei periodi in cui le risorse a disposizione erano abbondanti e i movimenti altrettanto.


Iabud Orientale

Nella parte orientale di codesto luco, gli Elfi non sembravano pensarla allo stesso modo; erano ottimisti anche loro (che si sappia!), ciò nonostante non erano del tutto convinti che il peggio fosse passato. Restavano da soli in pace, lavorando sodo per ricostruire ciò che gli era venuto a mancare mesi or sono con la tenacia e la forza che da sempre li contraddistingueva . Tuttavia nella testa di ognuno di essi girovagavano pensieri e riflessioni che li portavano alla prudenza, all’essere misurati nelle azioni da intraprendere e guardinghi dai pericoli che sarebbero potuti provenire dal cielo. Per questo motivo avevano scelto di non esagerare e di limitarsi alle necessità primarie togliendosi solo di rado qualche piccolo sfizio.


Iabud Centrale

Al centro del bosco vivevano gli Spiritelli. Questi personaggi gioivano con orgoglio per i passi da gigante che avevano compiuto negli ultimi anni. Avevano portato a termine grandi costruzioni e attirato gli sguardi incantati e stupiti di gran parte del bosco, sembrava che potessero sfruttare le loro risorse infinite per risollevare le speranze dell’intera comunità di iabud. Su questo facevano grande affidamento i personaggi del bosco.


Dopo un periodo di splendore e benessere si manifestò minacciosamente e senza alcun preavviso il Dio Habad, il quale scagliò un potente fulmine contro il territorio degli Spiritelli, causando la distruzione di numerose abitazioni lussuose e devastando parte delle risorse da costoro possedute. A questo punto agli altri abitanti del bosco ritornarono in mente i pericoli e le minacce del recente passato, destabilizzando, di fatto, la fiducia e l’ottimismo che riversavano nel loro futuro.


To be continued…

mercoledì 25 novembre 2009

COME DISSE DON VITO


Ecco come finirà l'incontro che faranno Marchionni e Scajola riguardo allo stabilimento di Termini Imerese. Non ci sarà la chiusura dello stabilimento (con grossa festa di sindacati per aver “salvato” il posto a X persone), ci sarà una lieve riduzione del personale e qualche incentivo statale (qui la grossa festa con tanto di telecamere del governo, per aver mediato con “successo” una “complicata” trattativa aziendale che rischiava di tramutarsi in un “incredibile” aumento della disoccupazione) e Marchionni e/o il CDA della FIAT avranno un favore gratuito da chiedere allo stato italiano.

Tutti ci guadagnano!
O forse c'è qualcuno che perde?

Forse potrebbe perderci il popolo italiano quando FIAT chiederà questo “piccolo” favore dopo aver mantenuto aperto l'impianti di Termini Imerese?
Forse potrebbero perderci qualcosa le imprese che non hanno uno stabilimento da chiudere e non
possono fare qualche licenziamento extra/avere qualche contributo statale?
Forse potrebbero perderci quelli sorteggiati per il licenziamento?
Forse potrebbero perderci i lavoratori che sono rappresentati da dei sindacati che invece che per
lottare per aumentare i propri diritti e capacità contrattuali, preferiscono combattere per i titoloni dei giornali tipo “SALVATI XXX MILA POSTI DI LAVORO”?

Probabilmente sono allucinazioni di un laureando che non ne può più di scrivere la propria tesi ma, giusto per fantasticare un po', se una persona mi chiedesse “secondo te, cosa dovrebbero fare stato, sindacato e FIAT?”.
La mia risposta sarebbe:

“Per FIAT è semplice: basta che faccia la cosa più conveniente, come ha fatto, continua a fare e farà, FIAT agisce in base a come si muovono le altre parti.
Il sindacato dovrebbe cominciare a lottare più per alcuni diritti dei lavoratori che riequilibrino i poteri tra datore di lavoro e dipendente: per esempio introducendo una flessibilità del lavoro dalla parte del dipendente (in parole povere, se io dipendente trovo un lavoro migliore presso un'altra impresa, qualsiasi tipo di contratto io abbia, tempo 24 ore sono già a lavorare dall'altra impresa se non mi viene rinnovato in un qualche modo il contratto); se FIAT minaccia di chiudere una fabbrica, ti metti d'accordo con tutte le associazioni di consumatori tue amiche e si boicotta le auto FIAT; cominci a fare scioperi ad oltranza in tutte le strutture di FIAT.
Di opzioni i sindacati ne hanno molte, ma preferisco la prima pagina da “eroi”.
Per lo stato è ancora più facile che per FIAT e sindacati: non deve fare niente, sia che FIAT chiuda le fabbriche, sia che i sindacati facciano sciopero ad oltranza (e con niente intendo che neanche la
polizia si deve muovere o accettare le azioni legali da parte dell'impresa contro gli scioperanti)”

A questo punto, quello che mi ha fatto la domanda mi dice “lasciamo perdere” e la storia finisce qui.

mercoledì 18 novembre 2009

Free Market Economy vs. Finite World?

Con grande piacere, un nostro lettore, Catalin Cantia, ci ha inviato un post sul liberismo, in particolare su una domanda che si pone, che abbiamo deciso di pubblicare.

Sono un grande sostenitore del liberalismo, non vedo di buon occhio gli interventi in economia dello Stato.
Dopo anni di studio mi posso ritenere sufficientemente preparato per sostenere la Free Market Economy Thesys, di questo ne vado molto fiero.

Tuttavia immagino che un giorno qualcuno più intelligente di me, mi porrà delle questioni a cui non sarò in grado di rispondere. Ad esempio mi viene in mente la seguente: Il modello di mercato libero è il migliore modo di organizzare l'economia in un mondo "materialmente finito"?

Ho provato a cercare del materiale per rispondere a tale quesito, ciò nonostante non sono riuscito a darmi una risposta soddisfacente. Sinceramente ho paura di questa domanda e vorrei prepararmi per quel giorno.
Per questo motivo, mi piacerebbe sentire qualche mente illuminata che mi possa dare qualche suggerimento per trovare la relativa risposta. Intuitivamente mi viene da pensare che la risposta sia NO, ma a me questo non piace.
Per chiarire il mio pensiero cerco di spiegarmi meglio: dato un mondo materialmente limitato, dove la popolazione è in crescita esponenziale, ci troveremmo di fronte, ovviamente, ad un problema. Sapendo che l'economia di mercato funziona sulla base di una dinamica: la crescita; sapendo inoltre che tale crescita non può essere infinita, poichè ci troviamo in un mondo materialmente limitato, il mio dilemma è il seguente:

"Per risolvere questo problema l'economia di mercato può essere il modo migliore per allocare efficientemente le risorse scarse?"

Vi ringrazio per i vostri commenti.

Catalin Cantia

venerdì 13 novembre 2009

La linea sulla sabbia ... (noiseFromAmerika.org)


... è stata superata con la presentazione al Senato di questo disegno di legge che Axel Bisignano ha commentato oggi sul nostro sito.


Non possiamo non condividere, per una volta, le parole del comunicato emesso ieri dalla Presidenza dell'Associazione Nazionale Magistrati.

La lettura del disegno di legge sul cd. “processo breve”, presentato stamane al Senato, conferma e aggrava le forti perplessità già espresse ieri dall’Anm nell’incontro con la Consulta per la giustizia del Pdl, pur in assenza di testi e di particolari. Oggi sentiamo il dovere di dire che questa riforma avrebbe effetti devastanti sul funzionamento della giustizia penale in Italia.

Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi e quelli relativi ai fatti indicati in un elenco di eccezioni (articolo 2, comma 5 del disegno di legge) che pone forti dubbi di costituzionalità. È impensabile, infatti, che il processo per una truffa di milioni di euro nei confronti dell’imputato incensurato si estingua, mentre debba proseguire il processo per una truffa da pochi euro, commessa da una persona già condannata, magari anni prima, per altro reato.

Saranno invece destinati a inevitabile prescrizione tutti i processi per reati gravi, quali abuso d’ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari, rivelazione di segreti d’ufficio, truffa semplice o aggravata, frodi comunitarie, frodi fiscali, falsi in bilancio, bancarotta preferenziale, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti; traffico di rifiuti, vendita di prodotti in violazione del diritto d’autore, sfruttamento della prostituzione, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio colposo per colpa medica, maltrattamenti in famiglia, incendio, aborto clandestino.

Per tutti questi reati sarà impossibile arrivare a una sentenza di primo grado entro due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio, quindi sarà sempre impossibile accertare i fatti. Più che di una amnistia, si tratta di una sostanziale depenalizzazione di fatti di rilevante e oggettiva gravità. Truffatori di professione, evasori fiscali, ricettatori, corrotti e pubblici amministratori infedeli, che non abbiano già riportato una condanna, avranno la certezza dell’impunità.

Infine la norma transitoria, che estende ai processi in corso l’applicazione delle nuove disposizioni, è destinata a determinare l’immediata estinzione di decine di migliaia di processi, anche per fatti gravi. Per limitarci a qualche esempio, la legge provocherà l’immediata estinzione di gran parte dei reati nei processi per i crac Cirio e Parmalat, per le scalate alle banche Antonveneta e Bnl, per corruzione nel processo Eni-Power.

Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati

Giuseppe Cascini, segretario generale

Roma, 12 novembre 2009

Possiamo commentare con calma l'ennesima dimostrazione della tendenza italica a voler risolvere i problemi ope legis, l'ennesima dimostrazione della faccia di tolla dei personaggi politici che circondano Berlusconi, eccetera. Ma il punto essenziale è un altro.

Preservare quel che in Italia rimane della separazione dei poteri, dello stato di diritto e, soprattutto, di una res publica condivisa da tutti - insomma: preservare le vestigia di uno stato liberal-democratico in cui la stragrande maggioranza dei cittadini si riconosca - richiede che Silvio Berlusconi venga politicamente sconfitto e si ritiri a vita privata. Perseguire questo obiettivo ci sembra, oggi, il primo dovere di ogni persona amante della libertà e della liberal-democrazia.

Dopodiché si potrà ricominciare a discutere di tasse, spesa pubblica, riforma del sistema giudiziario, e quant'altro. Silvio Berlusconi, i suoi interessi privati ed i suoi malaffari, sono un veleno che sta oramai attaccando i gangli vitali dello stato di diritto e della convivenza civile in Italia. Fermarlo è la precondizione di qualsiasi riforma ed occorre farlo prima che sia troppo tardi.

Ci appelliamo anche agli elettori del PdL, e chiediamo: se non ora, quando? Dove avete tracciato la linea sulla sabbia? Come è fatta la goccia che fa traboccare il vaso? Cosa, cosa concretamente, sarebbe troppo, a vostro avviso? Quale crimine contro i diritti di proprietà personale (perché di QUESTO si tratta) sorpassa la soglia del "troppo" per voi?



Si ringraziano i redattori di noiseFromAmerika.org © per la gentile disponibilità.

martedì 10 novembre 2009

The Scapegoat



Il risultato di un anno di studio della crisi economica, dopo averne osservata l'evoluzione si è arrivati alla conclusione che: il colpevole della crisi, il Charlie Brown della situazione ovvero il management delle banche (e anche i quantitativi, ma per ora fermiamoci qui); l'ha detto Lucy. E come nella vignetta pubblicata sopra, una volta individuato il colpevole non si risolve niente, ma tutti ci sentiamo meglio.
Le strisce successive continuano con Sally che cerca di andare a scuola e alla fine ci riesce, convincendosi che tutti dovrebbero andarci e chi non vuole è uno stupido (finale atteso per il 2010).

In questo periodo si è poi sviluppata un'altra vignetta non disegnata da Schultz ed è la punizione che da Lucy a Charlie Brown, probabilmente un pugno dritto sul naso, poiché responsabile per la crisi scatenata e sistema per evitare in futuro una crisi del genere: mi sto riferendo alle varie proposte che girano per colpire i crudeli manager, come il tetto massimo di remunerazione o la reversibilità dello stipendio del management (proposta già più interessante che necessita un maggiore approfondimento a breve).
Si sono comunque ignorate alcune domande basilari che, a mio avviso, ciascuno di noi avrebbe dovuto porsi:

  1. Chi è Lucy?
  2. Lucy possiede le competenze necessarie per trovare il problema?
  3. È sufficiente identificare un colpevole per risolvere il problema?
  4. Lucy può avere qualche responsabilità nelle crisi di Sally? E se sì riesce a identificarle?
  5. La punizione che riceve Charlie Brown eviterà future crisi a Sally?

Naturalmente ci sono molte altre domande che ci si possono porre, ma queste 5 credo siano basilari per tirare effettivamente le somme su quello che è successo nell'ultimo anno.

Dite la vostra.

sabato 7 novembre 2009

Gli Arcana Mundi dell'Ocse (Phastidio.net)

Altro aggiornamento del superindice Ocse, altro tripudio di pacche sulle spalle ed autocongratulazioni. Siamo fatti così, insuperabili nel dar corpo alle ombre, nel bene e nel male. Dunque, vediamo il dato di settembre: “gli indicatori mostrano chiaramente una crescita in Italia, Francia, Regno Unito e Cina, mentre in Canada e Germania si vedono dei segni di espansione potenziale”. Bene, c’è in atto una ripresa, lo sapevamo da tempo. Quello che molti nostri politici non riescono a cogliere è che un leading indicator esprime una previsione di quello che potrebbe accadere tra sei-nove mesi. Non è assolutamente detto che la previsione si realizzi, ed anzi alcune recenti ricerche segnalano che il grado di correlazione del CLI (Composite Leading Indicator) dell’Ocse con la crescita effettivamente conseguita nei due-tre trimestri successivi si è ridotto, nell’era della globalizzazione.

Ma c’è dell’altro, ed è un caveat metodologico piuttosto serio. Scrive l’Ocse:

«Sebbene i segni di espansione siano evidenti in diversi Paesi, devono essere interpretati con cautela. In effetti il miglioramento atteso dell’attività economica, in rapporto al suo livello potenziale di lungo termine, può essere parzialmente attribuito a un decremento di questo stesso livello potenziale di lungo termine stimato e non soltanto al miglioramento dell’attività economica in sé»

Che tradotto vuol dire: attenzione, perché queste variazioni così vistose del CLI possono derivare dal fatto che ci troviamo in un “nuovo mondo”, dove il potenziale di crescita di lungo periodo si è abbassato. Che, detto in altri termini, suggerisce che ad un boom del CLI può corrispondere, dopo due-tre trimestri, una variazione del Pil piuttosto esigua, e come tale insufficiente a riassorbire la disoccupazione.

Le reazioni politiche di maggioranza al dato sono comprensibili: siamo in una congiuntura mai sperimentata prima, in cui le categorizzazioni a cui eravamo abituati sono venute meno, e dove le correlazioni tra fenomeni si sono in generale indebolite. Si pensi al concetto di benchmark, l’indice di riferimento, nei fondi comuni di investimento. Se in un anno l’indice di borsa perde il 20 per cento ed il mio fondo comune, che su quella borsa investe, perde “solo” il 10 per cento, il gestore verrà a dirmi che “ha battuto il benchmark”, e nella sua ottica è un grande risultato, quasi sempre sufficiente a fargli intascare un robusto bonus. Il risparmiatore viene convinto che, “date le condizioni dei mercati”, possiede un fondo di eccellenza. E’ forse è anche vero ma, come dicono i cinici, “tu non mangi la performance relativa”. Sei comunque più povero che a inizio anno.

A questo concetto corrisponde, nella comunicazione politica di oggi, la nozione di “posti di lavoro salvati”, che appare surreale al senso comune ma serve per rivendicare la giustezza del proprio operato, e che è stata adottata un po’ ovunque, dall’America di Obama alla Francia di Sarkozy. L’obiettivo, dopo un trattamento intensivo fatto di messaggi come questi, è quello di avere un elettorato “confuso e felice”, cioè meno incline al pessimismo, almeno fin quando non viene direttamente colpito da eventi traumatici quali la disoccupazione.

Appuntamento al dato di Pil del primo trimestre 2010, cioè quello maggiormente correlato con la variazione del superindice Ocse di settembre 2009, pubblicata oggi. Ma non trattenete il respiro: sarà una notizia priva di rilievo, un po’ come le smentite date in due righe nelle pagine interne. Difficile che qualcuno dei nostri pensosi editorialisti torni sulla correlazione tra CLI e Pil. E certamente per quell’epoca avremo altri temi su cui dibattere.

Ah, e per quanti preferiscono tenere i piedi per terra, ed al futuribile dei leading indicators preferiscono gli indicatori coincidenti, basati su hard data, ecco il mercato del lavoro americano di ottobre. E non ha per nulla una bella faccia. Ma che c’importa, tanto noi abbiamo “agganciato la ripresa”, come direbbe qualche zelante portavoce.

Fonte: phastidio.net ®

Si ringrazia Mario Seminerio per la gentile cortesia e disponibilità.

mercoledì 4 novembre 2009

Are we talking about stability? Or what?

La notizia è di pochi giorni fa, la Federal Reserve ha convocato i CEO delle 28 più importanti istituzioni finanziarie americane. Lo scopo del meeting consiste nell’educare (o meglio rieducare) i Board of Directors di tali società affinchè non si commettano nuovamente gli errori compiuti in passato che, probabilmente, hanno contribuito a creare la crisi finanziaria minacciando la stabilità dei mercati finanziari internazionali.


L’idea di fondo consiste nell’esaminare gli incentivi originati dai sistemi premianti interni alle banche e successivamente di captarne le eventuali minacce alla stabilità finanziaria di quest’ultime. Secondo la FED gli eventuali errori strutturali dei piani di incentivazione sarebbero la causa principale nel processo di formazione delle politiche strategiche e finanziarie. Tali politiche, infatti, sarebbero volte all’assunzione di rischi spropositati, potenzialmente lesivi della stabilità dei mercati finanziari, di conseguenze non sono viste in positivo da parte dell’Autorità competente.


L’iniziativa proposta dalla Banca Centrale degli Stati Uniti, tuttavia, non sembra essere particolarmente efficace; essa infatti non è adeguatamente accompagnata da una politica di “rieducazione” indirizzata a garantire maggiore stabilità finanziaria (per intendersi si fa riferimento alla stabilità e alla detenzione del capitale interno alle banche).Per questa ragione la proposta avanzata è da considerare sotto due diversi punti di vista:

  1. Bella idea: sono necessari interventi concreti di dissuasione alla creazione di incentivi distorsivi della sana e prudente gestione bancaria. Questa misura sarebbe indirizzata a ridurre la frequenza e l’intensità dei rischi assunti dalle banche.
  2. E’ necessario ben altro: oltre a tale intervento è necessario [ri]educare le banche ad adottare politiche di detenzione del capitale più stringenti in modo da garantire una rigorosa coerenza con i principi espressi da Basilea II, inoltre è doveroso ricordare i potenziali danni che la leva finanziaria elevata potrebbe provocare alla solidità finanziaria delle società.

Il reale intento di tale proposta è di difficile valutazione per gli agenti di mercato, in particolare è arduo capire cosa si vuole regolare affinché non si ripetano situazioni di instabilità nelle banche. Il timore risiede, quindi, nella possibilità di ritrovarsi di fronte ad un’altra riforma a sfondo populista e propagandista.


Fonte notizia di sfondo: bloomberg.com

giovedì 22 ottobre 2009

AND THE WINNER IS....

Ecco il progetto definitivo per l'eliminazione degli sprechi in un comune.
Il progetto consiste nell'unire le 2 più grandi passioni italiane, che ci hanno accompagnato per tutta la storia, in una unica fantastica cosa: ovvero la passione per la competizione con gli avversari vicini (vedi i comuni del rinascimento, le squadre calcistiche...) con i premi esagerati (e quando dico premi esagerati mi riferisco a superenalotto e lotteria italia).
Ed ecco creato il più grande gioco fra comuni che si possa mai pensare: la gara al comune migliore.
Il gioco consiste nel fornire il maggior numero di servizi, al minor costo possibile e quando parlo di servizi intendo qualsiasi attività riconducibile al comune quali viabilità, inquinamento urbano, illuminazione, raccolta rifiuti, servizi ai cittadini,....; mentre al minor costo possibile si intende entrate tributarie per persona che vanno al comune (ICI, tassa sui rifiuti,...).
Il servizio non sarà valutato esclusivamente sulla sua presenza o meno, bensì anche sulla qualità del servizio offerto (l'idea è dare un valore assoluto che indichi l'importanza di un determinato servizio ed un valore relativo per indicarne la qualità).
Una volta valutata l'efficienza e l'efficacia di un comune in rapporto all'impatto sulle tasche dei cittadini si stila una bella classifica da pubblicare su qualsiasi giornale, blog e servizio televisivo.
Questa classifica dovrebbe produrre questa serie di effetti:

  1. Qualsiasi cittadino appartenente ad un comune è autorizzato a sfottere un residente in un comune più in basso il classifica, in classico stile calcistico, questo serve a dare un leggero interesse al pubblico ed alla sua gestione.
  2. Per stimolare i dipendenti pubblici esistono i premi per i primi 10 classificati: questo premi in denaro sono a completa disposizione della giunta comunale che li potrà utilizzare come più gli aggrada (se li possono anche spartire fra sindaco e assessori ma dopo dubito che verranno rieletti).
  3. Una giunta potrebbe lasciare gli sprechi al livello a cui sono e disinteressarsi completamente al montepremi, ecco che quindi i comuni che si trovano in fondo alla classifica verranno assorbiti dal comune adiacente più alto in graduatoria, in questo modo, oltre a ridurre l'esagerato numero di comuni presenti nel bel paese, si passa ad una eliminazione selettiva delle giunte inefficaci.
Il costo di questo progetto: il montepremi, l'individuazione di indici di efficienza e efficacia, il pagamento dei giudici per l'indagine.
I ricavi a livello teorico: dato che a rischiare non saranno i dipendenti ma soprattutto i dirigenti sarà nel loro interesse che il comune ed i servizi su cui può influire diano il massimo dell'efficienza, quindi netto miglioramento della gestione, eliminazione degli sprechi, aumento dei servizi.
Possibili problemi: corruzione dei giudici, impossibilità a chiedere la valutazione ai cittadini (sono incentivati a mentire per ricevere il super-bonus e non vogliono essere “assorbiti” da un altro comune).


Dite la vostra.

martedì 13 ottobre 2009

Libertà? Si può fare a meno....

...ma a una condizione: è necessario essere schiavi.



Introduzione

Libertà di stampa, di pensiero, di espressione.

Le basi delle costituzioni dei popoli più avanzati e democratici del mondo si fondano sul concetto di libertà intesa come diritto conferito ad ognuno di esprimere il proprio pensiero attraverso diversi canali, quali la stampa, la parola, le opere, etc. In Italia abbiamo un articolo della Costituzione (il numero 21) che recita così:


"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure..."



Situazione Italiana

Secondo Lord Acton, italiano di nascita (guarda te che coincidenza..) “Liberty is not a means to a higher political end. It is the highest political end.”, parole sante diremmo tutti, tuttavia in Italia la situazione è un pochino differente. Negli ultimi tempi l’italiano medio sembra essersi assuefatto a ciò che vede e sente con maggiore frequenza dagli organi di stampa e mass media, sembra che sia diventato un automa che non riesce più a discernere il corretto dallo scorretto, il buono dal cattivo, il bello dal brutto. Sembra quindi aver smarrito il senso critico che dovrebbe essere innato in una società che si considera democratica. “Tutto va bene, lo dice il tg! Quindi lo penso anche io.”


Problema

L’italiano medio (così come l’individuo medio di ogni altra nazione) tende a ritenere giuste e veritiere le notizie e le informazioni che sente e legge più spesso, e con maggiore intensità. Tale meccanismo di persuasione incondizionata è coadiuvato da due fattori piuttosto importanti: il primo fa riferimento all’alto tasso di frequenza delle informazioni che sente e legge ogni giorno; il secondo concerne il problema della critica. Senza un contraddittorio, infatti, l’individuo medio non ha la possibilità di capire e realizzare cosa cela l’altra faccia della medaglia, di conseguenza ignora quasi totalmente la possibilità che esista una critica, alle informazioni che ha sentito e letto, effettivamente coerente con la realtà dei fatti.

Sostengo questa ipotesi perché in Italia tra i mass media più diffusi vi è la televisione. Non mi soffermo a spiegare cosa vuol dire monopolio e quali sono gli effetti sul mercato, sarei pedante; tuttavia è lampante che la presenza di ben 5 reti su 7 orientate essenzialmente a idolatrare le vicende politiche e non del governo BS possa ottenere come risultato finale il meccanismo che ho descritto in precedenza. A dimostrazione di quanto sostenuto il segretario generale di ‘Reporters sans Frontier’ Jean-François Juillard il 3 ottobre a Piazza del Popolo a Roma ha affermato quanto segue:”Nel 2010 l’Italia diventerà l’ultimo paese in Europa per quanto riguarda la libertà di stampa”.


Dove stiamo andando?

Ma si sa, noi italiani siamo strani (siamo famosi anche per questo..)! Riusciamo infatti a farci condizionare con una tale facilità e scaltrezza senza nemmeno accorgerci che la realtà dei fatti potrebbe non essere quella che ci descrivono quotidianamente; restiamo impassibili e non ci rendiamo conto che accanto a noi il mondo continua ad andare avanti come noi ovviamente, ma seguendo una direzione diversa dalla nostra, ossia diametralmente opposta.


Una soluzione esisterebbe…

Possiamo scegliere di andare avanti in questa direzione, senza libertà di stampa e di espressione sostanziale, abbassando la testa e sapendo che in fin dei conti è più importante che la libertà sia formale (ci accontentiamo di quelle belle parole scritte nero su bianco precedute dal numero 21), altrimenti possiamo optare per alzarci le maniche e combattere affinché la libertà da formale divenga sostanziale.

Come possiamo farlo? Semplicemente utilizzando il cervello (un po’ di spirito critico non guasta mai) e facendo un piccolo sforzo nella ricerca delle informazioni, ossia ampliando i canali di informazione da cui apprendere le notizie più rilevanti (il web ci può dare una mano, in più la ricerca è rapida e gratuta). Probabilmente la soluzione più efficace riguarda la coscienza dell’italiano medio; se capisce che la libertà intellettuale e di espressione rende

più forti e consapevoli della realtà, allora sarà in grado di ragionare e realizzare le proprie idee senza distorsioni di alcun tipo.

venerdì 9 ottobre 2009

WONDERLAND DOES NOT EXIST

Il paese delle meraviglie, dove i soldi crescono sugli alberi e ciascuno ci guadagna, non esiste; e può dirtelo qualsiasi persona che abbia sostenuto il primo anno di corso in una facoltà di economia.
Perché spesso, almeno nel panorama italiano, esiste ancora questa immagine del posto (borsa) dove guadagni senza fare niente?
Perché gli addetti ai lavori non si sono prodigati per togliere questa fantasia dalle menti della gente, che ha portato a grossi scandali (e alla orribile caccia al “caso umano” da parte delle testate giornalistiche, in particolare televisive) e ha attirato l'attenzione dello stato e degli organi di vigilanza?
Penso che la favola di wonderland giochi a favore di banche e imprese: Finchè le persone pensano che investendo i soldi in borsa guadagnino senza fare niente (cosa che sembra vera durante l'espansione economica) ignari della possibilità di perdere tutto, le banche avranno sempre più capitali da amministrare (anche SIM), mentre le imprese godranno di notevoli flussi di capitali, soprattutto le imprese che sono meno sicure.
Poi ad un punto ci si sveglia e tanta gente si ritrova senza niente, si accorge che ha rischiato e ha perso tutto e la gente non investe più fino al prossimo sogno.

Dite la vostra

Matteo

PS: Vorrei fare i complimenti a cosinet che ieri ha ottenuto la laurea magistrale.

martedì 29 settembre 2009

Il Bel Paese vs La Terra dei Cachi

In questo blog non ci schieriamo nè per una parte politica, nè tanto meno per un partito politico, tuttavia in questo caso ci sembra giusto esprimere la nostra modesta opinione sulle vicende degli ultimi mesi (e anni) in Italia. Non lo facciamo sostenendo una tesi, ma ponendoci dei quesiti sui cambiamenti ideologici e strutturali della nostra nazione e soprattutto sulle idee che all'estero si fanno di noi.

- Come è cambiata l'Italia da quando Berlusconi è un personaggio pubblico?

- Come avrebbe reagito l'Italia della prima repubblica ai fatti di Villa Certosa & Co.?

- All'estero cosa pensavano di noi vent'anni fa?

- Attualmetne all'estero cosa pensano di noi?

- Con quale credenziale può restare in Italia un ricercatore o un professore o un qualsiasi artista italiano?

- In Italia esiste la vera libertà di informazione?


Dite la vostra.

martedì 22 settembre 2009

Giustizia Sociale

Tra i commenti di un post precedente in cui sostenevo il fallimento di qualsiasi impresa/banca grande/piccola che sia, tra i motivi secondo cui ritenevo giusto il fallimento ho accennato alla giustizia sociale, ora in questo post voglio procedere ad illustrare questo punto e vorrei farlo tramite un piccolo viaggio in un mondo parallelo Alfa.
Nel mondo Alfa esistono 3 grossi paesi: NB, L e S.
NB scambia le risorse necessarie alla sopravvivenza del paese con gli altri due stati in cambio della forza lavoro. In NB le persone vengono formate in base alle proprie ambizioni, capacità, talenti... Una volta raggiunta la maggiore età devono scegliere in quale dei 2 paesi andare, poiché ciascuno dei 2 paesi ha le proprie regole, opportunità e rischi.
L è un paese fortemente orientato al mercato, competitivo, adatto a chi possiede capacità e vuole mettersi a confronto con altri, non esistono propriamente delle regole da rispettare, ciascuno è padrone della propria vita e in base alle proprie scelte lavorative si assume determinati rischi (se e per chi lavorare, scelte d'investimento,...). Il reddito medio e la mediana sono nettamente superiori al reddito medio di S; quindi L è il paese più ricco. Essendo un sistema molto competitivo non si ammettono errori e l'errore si ripercuote in particolare su chi l'ha commesso ed eventualmente sulle persone a lui collegate.
Il paese S è totalmente centralizzato, ogni persona viene assegnata alla propria mansione in base alle proprie capacità tramite un sistema perfettamente meritocratico, ma ciascuno prende esattamente la stessa quantità di reddito, fissato facendo la divisione fra ricchezza prodotta e numero di abitanti. Altra caratteristica del sistema S è che un errore viene condiviso in egual misura da tutti.
Quando una persona sceglie in che stato andare è conscio di ciò che può succedere, sa che in L è più probabile che abbia uno stile di vita elevato, ma si rischia di perdere tutto, in S lo stile di vita è standard e successi ed insuccessi vengono condivisi. Inoltre il soggetto è conscio delle sue capacità. In base a questi elementi e la sua propensione al rischio sceglie in che paese andare ad abitare.
Tuttavia se lo stato L intervenisse nella risoluzione di una crisi, anche se necessario alla sopravvivenza dello stato, modificherebbe le regole secondo cui ogni soggetto ha deciso la strada da intraprendere: chi prende un reddito basso in L, dovendo pagare anche i costi della crisi, che teoricamente non dovrebbe pagare, avrebbe preferito un sistema S, chi invece in S possedeva capacità più elevate che gli consentivano maggiori utili, vedendo il rischio abbassato dall'intervento di salvataggio dello stato, avrebbe preferito assumersi il rischio. Inoltre bisogna anche considerare tutte le persone che hanno subito in toto l'errore commesso, poiché non producevano una quantità tale da mettere in crisi l'economia di L.

Con questo breve viaggio penso di aver espresso abbastanza bene il mio concetto di giustizia sociale e il motivo per cui, di principio, se si adotta una politica liberista è giusto seguirla fino in fondo aldilà di dove porti, soprattutto se gli stati hanno incentivato questa politica: significa che la maggioranza dei cittadini ha scelto di assumersi questo rischio. Questo naturalmente è un punto di vista estremo ed idealista, d'altronde anche la giustizia è idealistica.
A voi la parola.

Matteo Tortella

mercoledì 16 settembre 2009

La chiamano Mano Invisibile...

A distanza di un anno dall’apogeo della crisi finanziaria globale, le economie moderne sembrano essere uscite meglio di quanto ci si aspettasse. Le società bancarie e finanziarie dopo i risultati negativi del 2008 hanno iniziato il 2009 con dei buoni risultati nelle trimestrali, il mercato del credito è ripartito, seppure con delle ovvie difficoltà, i Pil dei Paesi avanzati sono risultati al di sopra delle stime e il settore industriale sembra ritornare sui livelli di produzione passati.

Tuttavia, chi ha vissuto da vicino i momenti critici dell’estate del 2008 capisce quali siano stati i pericoli innescati dal circolo vizioso mortgage-subprime-securization; alcuni, addirittura, si sono spinti ad accostare gli effetti negativi della crisi con quelli relativi al periodo della grande depressione degli anni 30. A torto o a ragione, il punto fondamentale concerne l’entità della potenziale catastrofe finanziaria del 2007-2008, sembra quasi che essa ci abbia semplicemente minacciato, toccato, spintonato, ma non abbattuto o annientato come si temeva. Esattamente un anno fa, il fallimento di Lehman Brothers successivo ad altri di grande importanza, aveva messo in allerta tutto il sistema finanziario internazionale, i più grandi organi nazionali e sovranazionali (comitati anticrisi, G-20, Financial Stability Forum, etc.) in preda al panico avevano scelto di intervenire con forza e rapidità nei mercati di riferimento, destando qualche perplessità sull’efficacia e sulla solidità di un sistema economico basato sul libero mercato.

Ora, ragionando con lucidità, appare chiaro quali sono stati i veri fattori che hanno contribuito a diffondere gli effetti negativi della crisi nel mercato finanziario e in un secondo momento nell’economia reale. Se da un lato ci sono state delle cause di natura esogena, vedi la scarsa ed esile fiducia degli investitori favorita dal forte potere sulle masse dei media (vedi articoli del tipo “Banche, in dieci mesi bruciati 568 miliardi di capitalizzazione” che sostanzialmente provocano panico; la stessa parola bruciare favorisce la paura e aumenta la sfiducia nei mercati, ritardandone la ripresa), dall’altro lato ci sono indubbie responsabilità di chi effettivamente opera sui mercati finanziari, vedi finanza strutturata, scellerata gestione dei credit derivatives e dei meccanismi di credit enhancement. Proprio su quest’ultimo fattore è necessario riflettere attentamente, in definitiva la cattiva gestione aziendale (probabilmente orientata al profitto nel breve periodo) non solo ha provocato forti perdite tra gli investitori e gli stakeholders in generale, ma ha anche “obbligato” lo Stato ad intervenire pesantemente; da qui, infatti, nascono le più importanti critiche al liberismo dell’economia moderna.

Probabilmente chi critica avrebbe anche ragione, ma non ricorda che il liberismo moderno (per intendersi gli anni di Thachter-UK e Reagan-USA - le manovre di politica economica in quegli anni furono tante e orientate ad ottenere una minore presenza dello stato nel controllo dell’economia al fine di rendere il mercato maggiormente dinamico) non prevede la totale assenza dello Stato nell’economia, non avrebbe un senso logico. Il liberismo, infatti, prevede che ci siano delle regole e degli interventi atti a garantire la libertà di iniziativa nei mercati, senza ledere gli interessi e i diritti del popolo di un Paese o di un’area di riferimento, affinché si possa realizzare la massimizzazione del profitto. Nel caso specifico gli interventi dello Stato sono stati inevitabili e ponderati (sulla base della situazione di pericolo di ogni singola società coinvolta), altrimenti sarebbe risultato debole agli occhi del mercato, proprio perché non avrebbe adempiuto alle sue funzioni.

In fin dei conti è giusto che sia stato così, ma ciò non vuol dire che il liberismo ha fallito in toto, in realtà è bene evidenziare come ancora una volta il libero mercato sia stato guidato dalla famosa mano invisibile, che in un certo senso ha penalizzato le società destinatarie degli aiuti governativi (vedi AIG, Citigroup, etc.) e premiato quelle che si sono distinte positivamente (vedi JP Morgan Chase e Wells Fargo, etc.). Ergo il liberismo contemporaneo (Einaudi sosteneva che "il liberismo muta nel tempo, non è statico") ha funzionato, probabilmente non appieno, ma a distanza di un anno non stiamo messi poi così male.

venerdì 11 settembre 2009

The Road 2 Serfdom

The Road to Serfdom non è esclusivamente un libro (un fantastico libro!) scritto da Friedrich Von Hayek nel 1944, è anche una pietra miliare per l'economia moderna e per i principi che hanno fondato il liberismo a livello internazionale. Il valore, la forza e la consistenza delle parole scritte dall'autore hanno dato vita ad un movimento ideal-economico che, nonostante le titubanze iniziali, è stato il perno della politica mondiale dei paesi avanzati. In questi giorni, successivi alla crisi finanziaria internazionale, non è facile sostenere ancora la tesi che il liberismo sia effettivamente una soluzione efficace ai problemi dell'economia, tuttavia qui proveremo, senza troppo sforzo e con tanta modestia, a commentare le notizie economiche e di attualità con un piglio liberista.

Federico Bernardi


Avviso a tutti i visitatoriPer facilitare lo scambio di opinioni il mio collega ed io abbiamo deciso di stilare una serie di "regole"; regole virgolettate perché non obblighiamo nessuno a seguirle, ma sarebbe molto gradito che ciascuno le rispetti, d'altronde noi siamo per la "self-regulation".è nostra intenzione lasciare intatto qualsiasi contributo lasciato da chi ci segue, ma ci riserviamo il diritto di eliminare qualsiasi post qualora risulti inappropriato.
Le "regole" che ci piacerebbe che seguireste sono le seguenti:

1) Preghiamo le persone di identificarsi con un nome, che sia vero, le iniziali o uno pseudonimo, possibilmente evitando le omonimie, in modo da agevolare il dialogo
2) Evitare insulti diretti e personali, non siamo nè a porta a porta nè in un qualsiasi programma televisivo.

E' possibile che in futuro, a seguito di inconvenienti, venga allungata la lista.Infine invitiamo chi ci segue a inviare idee per post o commenti alla nostra posta: roadserfdom@gmail.com
Un saluto a tutti

Matteo Tortella
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