mercoledì 16 settembre 2009

La chiamano Mano Invisibile...

A distanza di un anno dall’apogeo della crisi finanziaria globale, le economie moderne sembrano essere uscite meglio di quanto ci si aspettasse. Le società bancarie e finanziarie dopo i risultati negativi del 2008 hanno iniziato il 2009 con dei buoni risultati nelle trimestrali, il mercato del credito è ripartito, seppure con delle ovvie difficoltà, i Pil dei Paesi avanzati sono risultati al di sopra delle stime e il settore industriale sembra ritornare sui livelli di produzione passati.

Tuttavia, chi ha vissuto da vicino i momenti critici dell’estate del 2008 capisce quali siano stati i pericoli innescati dal circolo vizioso mortgage-subprime-securization; alcuni, addirittura, si sono spinti ad accostare gli effetti negativi della crisi con quelli relativi al periodo della grande depressione degli anni 30. A torto o a ragione, il punto fondamentale concerne l’entità della potenziale catastrofe finanziaria del 2007-2008, sembra quasi che essa ci abbia semplicemente minacciato, toccato, spintonato, ma non abbattuto o annientato come si temeva. Esattamente un anno fa, il fallimento di Lehman Brothers successivo ad altri di grande importanza, aveva messo in allerta tutto il sistema finanziario internazionale, i più grandi organi nazionali e sovranazionali (comitati anticrisi, G-20, Financial Stability Forum, etc.) in preda al panico avevano scelto di intervenire con forza e rapidità nei mercati di riferimento, destando qualche perplessità sull’efficacia e sulla solidità di un sistema economico basato sul libero mercato.

Ora, ragionando con lucidità, appare chiaro quali sono stati i veri fattori che hanno contribuito a diffondere gli effetti negativi della crisi nel mercato finanziario e in un secondo momento nell’economia reale. Se da un lato ci sono state delle cause di natura esogena, vedi la scarsa ed esile fiducia degli investitori favorita dal forte potere sulle masse dei media (vedi articoli del tipo “Banche, in dieci mesi bruciati 568 miliardi di capitalizzazione” che sostanzialmente provocano panico; la stessa parola bruciare favorisce la paura e aumenta la sfiducia nei mercati, ritardandone la ripresa), dall’altro lato ci sono indubbie responsabilità di chi effettivamente opera sui mercati finanziari, vedi finanza strutturata, scellerata gestione dei credit derivatives e dei meccanismi di credit enhancement. Proprio su quest’ultimo fattore è necessario riflettere attentamente, in definitiva la cattiva gestione aziendale (probabilmente orientata al profitto nel breve periodo) non solo ha provocato forti perdite tra gli investitori e gli stakeholders in generale, ma ha anche “obbligato” lo Stato ad intervenire pesantemente; da qui, infatti, nascono le più importanti critiche al liberismo dell’economia moderna.

Probabilmente chi critica avrebbe anche ragione, ma non ricorda che il liberismo moderno (per intendersi gli anni di Thachter-UK e Reagan-USA - le manovre di politica economica in quegli anni furono tante e orientate ad ottenere una minore presenza dello stato nel controllo dell’economia al fine di rendere il mercato maggiormente dinamico) non prevede la totale assenza dello Stato nell’economia, non avrebbe un senso logico. Il liberismo, infatti, prevede che ci siano delle regole e degli interventi atti a garantire la libertà di iniziativa nei mercati, senza ledere gli interessi e i diritti del popolo di un Paese o di un’area di riferimento, affinché si possa realizzare la massimizzazione del profitto. Nel caso specifico gli interventi dello Stato sono stati inevitabili e ponderati (sulla base della situazione di pericolo di ogni singola società coinvolta), altrimenti sarebbe risultato debole agli occhi del mercato, proprio perché non avrebbe adempiuto alle sue funzioni.

In fin dei conti è giusto che sia stato così, ma ciò non vuol dire che il liberismo ha fallito in toto, in realtà è bene evidenziare come ancora una volta il libero mercato sia stato guidato dalla famosa mano invisibile, che in un certo senso ha penalizzato le società destinatarie degli aiuti governativi (vedi AIG, Citigroup, etc.) e premiato quelle che si sono distinte positivamente (vedi JP Morgan Chase e Wells Fargo, etc.). Ergo il liberismo contemporaneo (Einaudi sosteneva che "il liberismo muta nel tempo, non è statico") ha funzionato, probabilmente non appieno, ma a distanza di un anno non stiamo messi poi così male.

23 commenti:

  1. Non sono d'accordo con la tesi di questo articolo.
    Il liberismo moderno à la Thachter ha fallito. La mano invisibile ha fallito.
    E' noto che la mano invisibile sia un meccanismo capace di raggiungere l'efficienza allocativa se e solo se sono veri alcuni presupposti. Il primo dei quali è che non ci siano asimmetrie informative all'interno del mercato.
    Sono le asimmetrie informative che hanno causato la crisi, in fondo. I derivati strutturati con subprime mortgages come sottostante erano (e per molti versi sono ancora) invalutabili e il loro prezzo si basava sulle valutazioni (basate su un set di informazioni sconosciuto) offerte periodicamente dagli emittenti degli stessi. Tale prezzo non incorporava tutte le informazioni concernente il rischio dei medesimi. Se fosse stato possibile valutare il rischio contenuto in questi strumenti, la loro diffusione sarebbe stata tutt'altro che massiccia.
    Ergo asimmetria. In presenza di asimmetria informativa la mano invisibile fallisce e con lei il liberismo moderno.


    Durante la ripresa c'è stato un salutare ritorno ai fondamentali che, a causa dei poteri divini che venivano riconosciuti alla finanza strutturata, erano stati dimenticati dall'euforia del mercato. Allora il liberismo moderno funziona? Ma neanche per sogno! Sono stati i massicci interventi dello Stato (spintisi fino statalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac, intervento "leggermente" avulso dalla logica Thachteriana) a fare da catalizzatore per l'uscita. E' chiaro che non siamo passati da un logica di mercato libero a un logica di economia pianificata e che quindi il mercato vada ad allocare maggiore risorse laddove riscontri maggiore efficienza. Bisogna altresì considerare che i fondi statali riversatisi sui partecipanti meno efficienti del mercato hanno indirettamente agito anche sulle componenti più solide.


    Per conclusione: la mano invisibile funziona sempre, banale, quel che è meno banale è che il liberismo moderno si è dimostrato incapace di assicurare al mercatp un' efficienza informativa congrua alla corretta valutazione dei rischi. La ricerca del massimo profitto individuale è un obiettivo che non sempre collima con la ricerca con la ricerca del massimo profitto a livello aggregato; è per questo che l'intervento dello Stato deve essere e sarà (come recentemente ricordato da Obama a Wall Steet) molto più presente nell'economia. La Thachter rabbrividirebbe.

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  2. Sono d'accordo, anche se parzialmente, solo per quanto concerne il discorso dell'asimmetria informativa. Ma dimmi, caro anonimo, se lo Stato fosse stato (scusa il gioco di parole) più presente nell'economia cosa avrebbe fatto per garantire maggiore simmetria informativa nella compravendita di strumenti originati dalla finanza strutturata? Non rispondermi dicendo che la presenza dello Stato avrebbe prevenuto le asimmetrie informativa, che è banalotto. Quanto costa allo Stato controllare tutto e tutti? Il costo del controllo ha un ritorno sull'efficienza dei mercati? Ti chiedo questo, solo perchè ora la situazione della finanza mondiale sembra, ripeto sembra, ritornata sui livelli precedenti alla crisi. Il mio ragionamento, in fin dei conti, ruota su questo dato di fatto.

    Per quanto concerne gli interventi statali ho già scritto nell'articolo la loro inevitabile presenza affinchè si andasse avanti, tuttavia non posso non evidenziare come ne siano già stati restituiti al mittente una buona parte (mi riferisco ai fondi TARP-USA). Che utilità hanno avuto in realtà?

    Sulla mano invisibile, non direi che è proprio banale, per un motivo molto semplice. Oltre alla simmetria informativa, un'altra importante ipotesi affinchè sia verificata la teoria è la concorrenza perfetta. Tu conosci un mercato in concorrenza perfetta e in condizione di simmetria positiva? Credo di no, neanche io. Il riferimento alla mano invisibile nell'articolo prende spunto essenzialmente dalle scelte del mercato che, nonostante gli aiuti statali, hanno favorito alcune società piuttosto che altre. Ciò denota un ritorno agli investimenti, quindi una ripresa.

    Per chiudere, il liberismo è in costante mutamento ed è indubbio che non è perfetto (ma cosa è perfetto? C'è qualcosa di meglio ora?). Il liberismo contemporaneo non è uguale al liberismo Thachteriano; è evidente, infatti, che in futuro lo Stato dovrà fornire regole, più efficaci, affinchè si garantisca la massimizzazione del profitto a livello aggregato. Ma che lo Stato debba essere così presente nell'economia, non ci giurerei troppo.. Toccherà, invece, agli organi sovranazionali (Financial Stability Forum) o a comitati di esperti (vedi il comitato di Basilea) dare delle indicazioni circa le regole da adottare per perseguire gli scopi. Ad esempio il Financial Stability Forum (nell'aprile del 2009) si è mosso in questa direzione fornendo importanti indicazioni soprattutto sulla governance nelle banche e sui sistemi premianti ai managers che, fondamentalmente, rappresentano il problema più serio della crisi. Da questi problemi, essenzialmente, traggono origine le asimmetrie informative.

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  3. "Se lo Stato fosse stato (scusa il gioco di parole) più presente nell'economia cosa avrebbe fatto per garantire maggiore simmetria informativa nella compravendita di strumenti originati dalla finanza strutturata?"

    Quindi lei implicitamente assume che la crisi fossi inevitabile. Lo Stato avrebbe potuto fare quello che fa uno Stato: regolamentare. Richiedere una maggiore disclosure da parte delle società emittenti sia per quanto concerne la natura degli strumenti, sia per quanto riguarda le politiche di valutazione. Andando a monte si sarebbe potuto fare politica in favore della qualità del credito, impossibilitando l'erogazione di fondi di fronte a un rischio di insolvenza troppo elevato. O ancora si sarebbe potuto operare sul meccanismo di cartolarizzazione del debito... Stato o organismo sovranazionale poco importa. I temi erano già stati segnalati da eminenti economisti tra cui Krugman, in netto contrasto con l'amministrazione Bush.

    Mi riferisco ai fondi TARP-USA). Che utilità hanno avuto in realtà?

    I fondi sono serviti per tamponare la fase acuta e catalizzare la ripresa in un momento di credit crunch. Se un paziente ha bisogno di una trasfusione e poi diventa un donatore, vuol dire che non aveva bisogno della trasfusione?

    Per chiudere, il liberismo è in costante mutamento ed è indubbio che non è perfetto. (ma cosa è perfetto? C'è qualcosa di meglio ora?)

    Beh questa è un'altra banalità . In ogni caso, non possiamo ampliare il significato della parola liberismo fino a includere in esso prassi e modus operandi lontani dalla filosofia che esse esprime, anche dal punto di vista storico. Certo è sempre un'economia di libero mercato, se è questo che vuole dire, ma liberismo sottintende un concezione qualitativa di questo mercato che si è dimostrata fallimentare.

    "Ma che lo Stato debba essere così presente nell'economia, non ci giurerei troppo.."

    Dalla crisi è emerso come l'investimento da parte dello Stato nell'economia sia essenziale per continuare ad alimentare i consumi e gli investimenti in infrastrutture altrimenti demandati all'iniziativa privata, quasi mai lungimirante.

    "Toccherà, invece, agli organi sovranazionali (Financial Stability Forum) o a comitati di esperti (vedi il comitato di Basilea) dare delle indicazioni circa le regole da adottare per perseguire gli scopi."

    La sostanza non cambia. Dal punto del liberismo è sempre una distorsione del naturale corso del mercato, che sia lo Stato o un'ente con poteri ad esso assimilabili.

    "Sulla governance nelle banche e sui sistemi premianti ai managers che, fondamentalmente, rappresentano il problema più serio della crisi."

    Su questo siamo d'accordo. Il sistema degli incentivi predilige un'ottica di breve periodo spesso e i parametri cui sono agganciate le retribuzioni non sempre esprimono l'effettiva creazione di valore. Senza contare i problemi etico-sociali dei golden parachutes.

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  4. "Se lo Stato fosse stato (scusa il gioco di parole) più presente nell'economia cosa avrebbe fatto per garantire maggiore simmetria informativa nella compravendita di strumenti originati dalla finanza strutturata?"

    Questa era una domanda, non una affermazione che "implicitamente assume che la crisi fosse inevitabile". Semplicemente, ti (ci diamo del tu? anche se non so chi sei Anonimo) volevo far riflettere sul fatto che lo Stato, liberismo o no, deve comunque avere un ruolo nell'economia, non stiamo parlando di pura e semplice teoria liberista, ma di politica economica nuda e cruda. Sulla cartolarizzazione (che comunque era regolamentata) è inevitabile che sia un processo che va seguito e regolamentato meglio affinchè possa funzionare bene. Nell'articolo io non ho assolutamente detto che liberismo = totale assenza dello Stato, tutt'altro. Lo Stato deve intervenire, ma lo deve fare per garantire la sicurezza del sistema, non per soffocarlo. Probabilmente la pensiamo allo stesso modo, ma ci spieghiamo diversamente. :-)

    Secondo te il liberismo è anarchia? Non credo la pensi così, anzi. Per ottenere il liberismo è necessaria la presenza dello Stato. Ci devono essere delle regole precise che indirizzino l'economia verso il liberismo. E' assurdo che non ci siano regole, o che, qualora ci fossero, non le si facciano rispettare. E' assurdo che non si possa pensare al liberismo come ad un movimento ideal-economico in evoluzione dopo la crisi.

    Per quanto riguarda "Toccherà, invece, agli organi sovranazionali (Financial Stability Forum) o a comitati di esperti (vedi il comitato di Basilea) dare delle indicazioni circa le regole da adottare per perseguire gli scopi." è evidente il riferimento ad organi con maggiori competenze e indipendenza rispetto agli organi nazionali, poichè possono operare garantendo armonizzazione regolamentare.

    Sui TARP e simili: sei sicuro che grazie ad essi ci sia stata la ripresa? Io non ne sarei così certo. Ora io vedo troppa liquidità sul mercato USA e anche in quello Europeo, probabilmente la trasfusione è stata fatto male e in eccessiva quantità. Ripeto la paura era tanta, il panico pure, la lucidità, però, scarseggiava (anche se, ripeto ancora, gli interventi erano inevitabili).

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  5. Rimango neutrale in questo scambio di battute, dato che è piacevole vedere due opinioni divergenti a confronto, vorrei però aprire una riflessione sul fallimento del mercato.
    A mio modesto parere lo stato è intervenuto per frenare l'effetto panico (incalzato dai giornali) soprattutto tra i "non addetti ai lavori" (una corsa alle banche mette in crisi qualsiasi economia).
    Sul fallimento in se credo che fosse necessario per dare al mercato i limiti con cui utilizzare questi strumenti (è come quando il bambino tocca per la prima volta il fuoco, scopre che scotta e così sa che non deve metterci la mano sopra); limiti che secondo me devono essere autoregolati (su suggerimento di esperti al max).
    Infatti se depurato dall'effetto panico il sistema americano avrebbe assorbito la crisi, anche se ci sarebbero state parecchie ripercussioni per chi ha investito nelle bad bank (tornando alla metafora del bambino, il bambino si è ustionata la mano perchè l'ha tolta tardi, ma il bambino non si è bruciato tutto).

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  6. C'è un fattore discriminante tra un liberismo espanso e un modello sociale di mercato, verso cui a mio avviso, stiamo tendendo
    Andiamo per gradi.

    Il liberismo per essere considerato tale prevede uno Stato poco interventista, che ponga le basi affinché sia garantita la concorrenza e condizioni operative eguali tra i soggetti economici e l'implicazione diretta del medesimo solo in settori strategici.
    Penso che fino qui almeno in linea di massima come definizione generale, possiamo entrambi convernirne.

    Ora nel momento in cui il mercato fallisce (ed è il caso della crisi) siamo nella condizione di poter dire che lo Stato non è intervenuto a sufficienza affinché tali condizioni fossero garantite. Espandendo lo spettro di intervento dello Stato possiamo ovviare a queste mancanze (verosimilmente) e ritenere di applicare una concezione liberista (ma estesa) del mercato. Il che è probabilmente una forzatura: nel momento in cui lo Stato interviene, anche solo per salvare il sistema, non è più uno Stato liberista. Se agenti economici falliscono, eh beh, è la dura legge del mercato... Da un punto di vista liberista lo Stato interviene solo come arbitro del gioco, ossia pone l'architettura, il campo su cui giocare, ma niente di più. Non importa quanto si estenda la nozione di liberismo, il liberismo non ha connotazioni sociali, ricerca la massima efficienza.
    Nel caso della crisi, lo Stato è intervenuto con finalità sociali o di equità.
    Niente a che vedere col liberismo.

    Passata la crisi, l'impianto è sempre quello dell'economia di mercato, ma c'è un mutamento che aleggia nell'aria... Prenda soltanto ad esempio il tetto massimo al compenso dei manager: è dal punto di vista dell'efficienza la scelta ottimale? Le pare che sia un intervento d'ispirazione liberista? E ancora rendere private Fannie Mae e Freddie Mac, è un intervento d'ispirazione liberista?
    Sono tutti interventi che ledono l'efficienza del mercato. Non sono ammissibili da un punto di vista liberista.
    Non si può estendere la nozione di liberismo ad oltranza.

    Allo stato attuale lo Stato americano sta perseguendo politiche di equità. E per una buona ragione. Se va a vedere gli studi di Amartya Senn (che sono stati magicamente rispolverati di recente) vedrà come politiche sociali a favore di minori divari economici favoriscano l'efficienza totale e la ricchezza totale creata ma soprattutto stabilità del sistema.

    Le pare che le politiche per l'ambiente e sociali (fra cui spicca la riforma del sistema sanitario) abbiano una connotazione liberista?
    Nel momento in cui lo stato si fa etico, il liberismo fallisce e la mano invisibile, la ricerca egoistica individuale del massimo profitto e che massimizza il benessere collettivo, secondo la teoria neoclassica, diviene una mano guidata che non si fida più dell'egoismo particolare per l'efficienza generale. La mano invisibile, ripeto, funziona sempre se la si pone in condizione di poter funzionare (ed è qui la criticità, poiché siamo posti dinnanzi all'impossibilità di verificare i postulati teorici che la fanno funzionare), ma se questa è la tesi ultima del suo articolo, beh, lo sapevamo già, grazie.

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  7. Tre brevi considerzioni al commento precedente:
    -La crisi è veramente un fallimento del mercato? io penso che ci sia stata una scarsa fiducia su di esso da parte di tutti (in particolare del governo USA)
    -L'esternalità sono anche quelle dei fallimenti di mercato, le politiche ambientali e sociali servono per ridurre l'impatto di questi fallimenti
    - Il centro del post non mi sembra il raggiungimento dell'equlibrio paretiano tramite liberismo...

    PS: ti prego anonimo firmati in un qualche modo, anche con le iniziali o un soprannome, giusto per avere qualcuno a cui riferirsi

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  8. 1. Viene chiamata fallimento del mercato quella situazione in cui i mercati non sarebbero in grado di organizzare la produzione in maniera efficiente, o non saprebbero allocare efficientemente beni e servizi ai consumatori. La questione della scarsa fiducia mi sfugge. Io penso a cartolarizzazione di debiti di qualità infima in titoli che si sono riversati sul mercato, incorporanti rischi non adeguatamente riflessi nei prezzi, tanto per dire una cosa macroscopica...

    2. Esattamente, fallimenti portati dal liberismo ad oltranza.

    3. Il centro del post dell'autore originale mette in luce come la mano invisibile stia ancora operando e abbia allocato verso soggetti più efficienti, nonostante l'intervento dello Stato. Ho già risposto a questo.

    Eh no signori, non mi firmo, non vorrei che facendolo scattasse l'ubi major minor cessat, non so se mi spiego. Ma se proprio mi vogliono identificare il mio pseudonimo è Goldrake.

    GD

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  9. Grazie Goldrake per aver fornito uno pseudonimo

    1) Prima mi sono espresso male io, e ne faccio ammenda, mi riferivo al fallimento del liberismo come sistema; come già accennato nel mio post precedente l'interventismo dello stato credo che sia imputabile più dalla paura che da finalità sociali o equità.

    2) Non aveva molto senso questo punto ma era bello elencare le imperfezioni del mercato (chi elenca le altre due vince un premio?)

    3) Il post mi sembra incentrato più sul fatto che il mercato aveva segnalato la distinzione tra good and bad bank (chi poi ha preso i soldi dallo stato e chi no), aldilà della necessità o meno dell'intervento.
    poi magari ho capito male io....

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  10. Esimio Goldrake,
    probabilmente mi sono spiegato male nel post, tuttavia Matteo avrebbe capito. In ogni caso il ragionamento del post è il seguente:
    abbiamo avuto una crisi forte, fortissima si pensava, che ha obbligato Stato e Banche Centrali ad intervenire massicciamente (probabilmente troppo..) affinchè il sistema non crollasse repentinamente. Probabile fallimento del liberismo, forse, ma non ne sarei troppo sicuro..comunque non è questo il punto fondamentale.
    Attualmente stiamo in una fase di leggera ripresa (quasi tutti i dati finanziari ed economici sono positivi), forse perchè c'è stato un forte interventismo oppure perchè il crollo della fiducia è stato esagerato nel periodo tortuoso della crisi (secondo me i mass media hanno contribuito fortemente ad aumentare la paura sui mercati!) provocando un forte allontamento, al ribasso, dai fondamentali di borsa delle società colpite (io ora vedo un lento ritorno ai livelli di prezzo di un paio di anni fa..).
    Il punto fondamentale però concerne il discorso legato al post crisi. A me sembra che le banche virtuose siano state premiate dal mercato, non semplicemente grazie agli aiuti pubblici, ma perchè avevano adottato delle politiche strategiche più prudenti o meno rischiose (dipende dai punti di vista), al contrario quelle società che hanno mostrato evidenti lacune gestionali sono state escluse dal grosso degli investimenti, sono cioè considerate high risk. Allo stato attuale non credo che gli investitori scelgano l'investimento in attività ad alto rischio, tutt'altro, c'è un ritorno al basso rischio. In questo senso sostengo l'ipotesi di un mercato guidato da una sorta di 'mano invisibile' che ne indirizza le scelte.

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  11. devi ammettere però che la crisi non ha avuto le conseguenze estreme proprio perchè sono intervenuti i governi. Inoltre,come ho già detto, penso che si meglio avere un giusto equilibrio tra regolamentazione e liberismo. Il problema è dosare bene le due cose

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  12. vorrei porre un quesito a Federico e Matteo. Secondo il liberismo vero e proprio gli stati non sarebbero dovuti intervenire lasciando fallire le banche che non sono state virtuose. Ma se non lo avessero fatto quali sarebbero state le conseguenze? avremmo avuto lo stesso l'inizio della ripresa che sembra si stia avendo in questi mesi? non dimentichiamo che quando vi fu la crisi del '29 (anche se diversa da questa) i governi vennero duramente criticati perché non intervennero a porre un freno al precipitare degli eventi. Inoltre il picco della recente crisi si è avuta subito dopo che il Governo USA lasciò fallire la Lehman Brothers. Cosa sarebbe successo se si fosse comportato nella stessa maniera con le altre banche d'investimento americane?

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  13. Gli stati nel '29 sono stati criticati col senno di poi: visto che dopo qualche anno l'economia non accennava a riprendere si è criticato l'immobilismo del tempo.
    Personalmente credo che se l'entità della crisi che stiamo passando fosse la stessa del '29 non credo che ci sarebbero questi segni di ripresa.
    Cosa sarebbe successo senza l'intervento statale è difficile da dire, penso che dipenda soprattutto dall'effetto panico dei non addetti (corsa agli sportelli).
    Probabilmente senza l'intervento statale al momento non è detto che ci sarebbero i segnali di ripresa, tuttavia penso che bisogna considerare un paio di cose:
    1)In un ottica di breve termine l'intervento statale agevola la ripresa, ma nel medio periodo l'indebitamento per uscire dalla crisi potrebbe pesare notevolmente.
    2)Incentivi azioni pericolose per le banche cosidette "too big to fail"; i manager sanno che lo stato interverrà per salvare il sistema.
    3)Infine c'è sempre un concetto di giustizia sociale: non è giusto che chi ha voluto rischiare non ci rimetta, lasciando a pagare chi è stato più prudente e/o chi non poteva prendere parte.

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  14. "Personalmente credo che se l'entità della crisi che stiamo passando fosse la stessa del '29 non credo che ci sarebbero questi segni di ripresa."

    Forse le conseguenze della recente crisi sarebbero state addirittura peggio senza l'intervento statale rispetto a quelle del '29. Non dimentichiamo che oggi il mondo è molto più globalizzato di quanto lo era allora.

    "In un ottica di breve termine l'intervento statale agevola la ripresa, ma nel medio periodo l'indebitamento per uscire dalla crisi potrebbe pesare notevolmente"

    il debito sarebbe aumentato ugualmente a causa del fatto che non ci sarebbero più state le entrate di tutte quelle imprese (comprese le banche) che hanno evitato il fallimento grazie all'intervento dello stato e che ora si stanno riprendendo.

    "Incentivi azioni pericolose per le banche cosiddette "too big to fail"; i manager sanno che lo stato interverrà per salvare il sistema."

    Per evitare questo bisogna implementare un sistema di regolamentazione migliore che però non limiti la libertà di azione delle imprese/banche. Aumenteranno i costi per la vigilanza, ma verranno, secondo me, compensati di gran lunga con il ritorno nel medio lungo periodo sull'intero sistema.

    "Infine c'è sempre un concetto di giustizia sociale: non è giusto che chi ha voluto rischiare non ci rimetta, lasciando a pagare chi è stato più prudente e/o chi non poteva prendere parte."

    Non fa una piega questo concetto, ma facendo fallire la Lehman Brothers l'intero sistema ne ha sofferto, l'intera economia, posti di lavoro persi, ecc. Mi sembra che molta più gente che non centrava niente ne abbia risentito.

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  15. Tanto so già che sarà fiato sprecato comunque risponderò punto per punto.

    1) Non capisco cosa centra la globalizzazione con la crisi, se mi spieghi questa relazione forse è meglio...

    2) Non vorrai paragonare i miliardi messi a disposizione delle banche con i milioni che pagano le banche in imposte, non sta in piedi questa affermazione

    3) Aumentare la vigilanza non significa impedire comportamenti scorretti, significa solo renderli più difficili e, di sicuro, una vigilanza più stretta non abbassa la propensione al rischio di manager a capo di banche "too big to fail"

    4) Ti basi su un modello superfisso, vedi di cambiare modello. Per facilitarti le cose, vai a vedere sul sito di Lehman e vedrai che gran parte dei rami produttivi sono stati acquisiti da altre banche.
    Presto comunque pubblicherò un post di cui parlare di questa giustizia sociale e potrò esprimere meglio questo concetto

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  16. "Non capisco cosa centra la globalizzazione con la crisi, se mi spieghi questa relazione forse è meglio"

    Mi meraviglio che me lo domandi...secondo te come mai la crisi si è diffusa in tutto il mondo in maniera così rapida? forse perché i mercati sono collegati tra loro a causa della globalizzazione.

    "Non vorrai paragonare i miliardi messi a disposizione delle banche con i milioni che pagano le banche in imposte, non sta in piedi questa affermazione"

    Non devi vedere la cosa nel breve periodo, ma nel lungo. Se una banca fallisce non paga più imposte per sempre, mentre se rimane in vita si presume che lo continui a fare per anni e anni.
    E poi le mancate entrate non sono riferito solo alle mancate imposte in caso di fallimento, ma anche a tutte quelle mancate entrate dovute ad un circolo vizioso scatenato dal fallimento stesso.

    "Aumentare la vigilanza non significa impedire comportamenti scorretti, significa solo renderli più difficili e, di sicuro, una vigilanza più stretta non abbassa la propensione al rischio di manager a capo di banche "too big to fail""

    Rendere difficile tali comportamenti è già un piccolo passo. Forse se si rende la vita difficile ai c.d. "furbetti", altri ci penseranno due volte prima di effettuare comportamenti scorretti.

    riguardo a Lehman ti faccio notare che sarebbero "bastati" 6 miliardi di dollari per evitare il suo fallimento. Forse, con il senno di poi, ne sarebbe valsa la pena salvarla viste le conseguenze che ha prodotto. Attenzione però con questo non voglio dire che avrei salvato anche gli amministratori della banca d'investimento.

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  17. Sembra che un punto l'abbia risolto.

    1) D'accordo ma non c'entra niente con il mio punto. Io ho detto che secondo me l'entità della crisi del '08 è minore rispetto a quella del '29, per una serie di condizioni politiche (al tempo molti stati erano protezionisti), economiche (in termini relativi il fallimento delle banche e imprese del '29 prendevano una fascia più grossa del mercato).
    E poi la globalizzazione permette uno scambio più rapido di risorse quali i capitali (fino a pochi giorni prima del fallimento Lehman poteva essere comprata dai koreani).
    Quindi la globalizzazione non alza il rischio di verificarsi di crisi.

    2) Torni sempre al modello superfisso.
    Vedo di spiegare brevemente: se una banca (o un impresa) fallisce si crea un buco ed è vero, ma questo non rimane in eterno, il mercato attraverso i concorrenti provvederà a colmarlo; saranno quindi i concorrenti in questo caso a pagare le imposte che pagava il fallito.

    3) Gli amministratori delle banche d'investimento sono quelle che ci hanno rimesso di meno con le loro generose liquidazioni.
    Comunque la colpa non è solo degli amministratori, ma di qualsiasi soggetto che potesse segnalare a queste persone che stavano rischiando un po' troppo; a occhio e croce gran parte di quelli che lavoravano dentro, gli azionisti per non aver rimosso il management...
    Il fallimento in questi casi è giusto, aldilà delle conseguenze che può portare

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  18. Risposta a Cosinet:
    Il liberismo necessita di un'impalcatura di regole atta a reggere bene l'economia di una nazione. Tanto più robusta è questa impalcatura tanto più sarà possibile raggiungere l'obiettivo insito nel liberismo, cioè la massimizzazione del profitto. E' ovvio il riferimento a norme che regolino i comportamenti degli agenti di mercato affinchè sia raggiunto lo scopo ultimo. Probabilmente, anzi molto probabilmente, queste norme non erano perfettamente commisurate all'economia degli USA. Ciò ha creato problemi all'interno del mercato finanziario in primis e poi nel resto dell'economia reale.

    Per quanto riguarda il discorso del '29. Ho fatto un riferimento nel post, semplicemente a titolo di cronaca, dato che in molti si erano
    spinti a confrontare la grande depressione con la crisi del 2008. Tuttavia la situazione è ben diversa. Innanzitutto in quel periodo la
    crisi fu 'favorita' in particolare dai debiti di guerra delle potenze europee (non è da sottovalutare)e anche, lo ammetto, dal ritardato
    interventismo dello stato e delle banche centrali. Inoltre, la più importante differenza concerne il settore in cui si è verificata la
    crisi; nel 29 infatti la crisi prima colpì il settore industriale(pesantemente; l'industria in quel periodo non aveva delle fondamenta
    solide, tutt'altro!) e solo dopo la finanza. La crisi dei subprime, invece, ha connotati diversi, infatti in questo caso gli effetti
    negativi si sono protratti dal settore finanziario senza intaccare pesantemente il settore industriale, che a differenza degli anni 30, è più sano e solido! Certamente, il rapido interventismo di Stato e BC è
    stato ottimo, tuttavia devi ammettere che probabilmente si è intervenuti un pò troppo.

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  19. rispondo prima a matteo.
    Io non ho detto che la globalizzazione è una causa della crisi, ma un vero e proprio elemento amplificatore della crisi. Detto questo ho poi supposto che le conseguenze della recente crisi (PUR ESSENDO BEN DIVERSA DA QUELLA DEL '29) sarebbero potute essere ben peggiore se non ci fosse stato l'intervento di Governi e BC, appunto perché oggi la globalizzazione,elemento di maggior diffusione e amplificazione di qualsiasi crisi, è ad un livello molto più alto rispetto ad allora.
    Per quanto riguarda il secondo punto, tu non tieni conto delle altre conseguenze negative, oltre al mancato gettito, dovute al fallimento di una banca.
    Riguardo al terzo punto concordo con il dire che la colpa è anche degli azionisti, che sicuramente sapevano e non hanno fatto niente, forse perché hanno pensato che le cose sarebbero andate sempre bene e avrebbero continuato a percepire generosi dividendi. Per questo io penso che bisognerebbe cercare di far cambiare la cultura di fondo di azionisti e amministratori, che devono prendere le decisioni guardando al lungo periodo e non al breve. Per ottenere questo obiettivo è utile una regolamentazione non troppo stringente da parte delle Autorità di Vigilanza affiancata (e non sostituita) da un'adeguata autoregolamentazione.

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  20. ora rispondo a federico.
    Sono d'accordo con quello che hai detto. La regolamentazione non deve essere vista come un nemico, ma come un elemento che aiuti lo sviluppo di una "sana e leale" competitività.
    Riguardo alla crisi del '29, ho più volte specificato (vedi anche risposta a matteo) che è completamente diversa da quella recente.
    Infine sono d'accordo con te nel dire che forse l'intervento di BC e governi è stato un "tantino" eccessivo, ma vorrei farti notare che "nessuno ha la palla di vetro". Mi spiego meglio con un esempio. Se il medico non conosce la patologia del paziente, cosa fa? Non interviene sperando che il paziente guarisca da solo? In teoria fa quello che pensa sia migliore per lui. Se poi il paziente non guarisce del tutto, ma sopravvive è già un gran successo, rispetto alla morte. La cosa migliore sarebbe stata quella di fare analisi e ricerca per capire la patologia del paziente, ma se ne frattempo il paziente fosse morto?

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  21. Fondamentalmente quando la crisi si propaga per il mondo per effetto della globalizzazione è soprattutto un effetto di panico.
    Se hai letto il mio primo post dopo che mi hai posto la domanda ho detto che dipende molto dall'effetto panico, soprattutto per i non addetti per come si sarebbe sviluppata la crisi.
    Quindi, tolto l'effetto panico (che durante la crisi del '29 era nettamente minore, anche perchè si credeva nella mano invisibile) ho detto che secondo il mio parere la portata della crisi era minore; motivo per cui dico questo sono i segnali di ripresa che sta dando l'economia.
    Quindi, sempre secondo mio modesto parere si poteva lasciare al mercato la risoluzione di questa crisi, l'unica cosa che doveva fare il governo era limitare al massimo l'effetto panico (cosa brillantemente ottenuta con i Tremonti Bond; strumenti in pratica non usati dalle banche perchè non necessari ma che comunque, a mio avviso, hanno eliminato il pericolo di corsa agli sportelli).
    Per quanto il secondo punto tu continui a ignorare la dinamicità del mercato, se una banca fallisce ce ne saranno altre che prenderanno il suo posto, quindi l'impatto è minimo e, come ho detto nei post precedenti, le tue affermazioni si basano su un modello superfisso, che a detta di tutti gli economisti è una cagata pazzesca (cit.).
    Tornando al terzo punto il metodo migliore per togliere azionisti e manager è il fallimento, oppure l'acquisizione da parte di un'altra banca, operazioni che il mercato fa tranquillamente quindi l''intervento governativo è inutile oltre che essere distorsivo, visto che almeno gli azionisti rimangono.

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  22. Ringrazio Federico per avermi fornito il link ad una pagina dove viene spiegato il modello superfisso.
    http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/Perch%C3%A9_si_dicono_tante_sciocchezze_nel_dibattito_economico_in_Italia

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  23. Dato le difficoltà per un nostro lettore di postare direttamente il commento ce ne occupiamo noi volentieri.

    "Modello sociale di mercato"...no grazie Mr. Goldrake...
    Analizzando la storia del pensiero economico …dopo periodi di non funzionamento del mercato i populisti Sociali hanno fatto sempre successo proponendo l'intervento dello Stato come soluzione. Ma si è sempre dimostrato che lo Stato e inefficace nella gestione dei fattori produttivi e per riprendere la economia ci sono voluti governi di ideologie liberale.
    Allora non dovrebbe lo Stato intervenire nell'economia?
    La risposta secondo me e più complessa. No. Lo stato non deve intervenire nell'economia quasi mai. Perche? Perche lo Stato non e capace di intervenire(non sarà efficiente e non andrà sempre nella direzione giusta ).
    Pero e vero che lo Stato deve mantenersi il diritto di veto e intervenire in situazioni come quella di una crisi per evitare che i "deboli" soffrano.
    Allora... ci interessa che lo Stato interviene nell'economia per assicurare il bene generale? Secondo me non e capace e non serve. Perche? Perche il mercato se ne occupa da solo di questo.
    Ma come ...il mercato a volte fallisce... Si …perche lo Stato non riesce a fare il suo unico ammissibile ruolo in economia ...quello di fare le Regole.
    E c'e una differenza tra fare le regole e intervenzionismo.
    Allora ...secondo me ... lo Stato deve prima fare delle regole per assicurare che il mercato funziona(e qui parliamo di regole per ridurre l'asimmetria informativa e per creare una concorrenza sostenibile) e puoi se le regole non sono efficienti e il mercato fallisce, lo Stato deve intervenire(pero sempre rispettando la funzionalità del mercato).
    In essenza quello che dico io e : Se lo Stato (o gli organismi internazionali)avrebbe pensato a delle regole per ridurre l'asimmetria informativa e più importante la concentrazione eccessiva nello mercato finanziario, la crisi non sarebbe mai successa. E non e la colpa del mercato che e successa… perche mercato(concorrenziale) non c'era.
    Mr. Goldrake il modello sociale di mercato ha funzionato parzialmente in Germania solo perche quelli li sono tedeschi(e per altri motivi che non sto a discutere adesso) ma gia la sua efficienza e molto contestata.

    Catalin Cantia

    Ringraziamo per il contributo

    Ps: spero di aver scritto giusto il nome

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